La versione di Fenoglio (Einaudi, 2019, pp. 170) è il terzo libro di Gianrico Carofiglio ad avere come protagonista il maresciallo dei carabinieri Pietro Fenoglio, piemontese in servizio a Bari. Il primo in cui il nome dello scrittore di Alba entra anche nel titolo e la sua ombra si stende nella scrittura.
“Come ti chiami?”. “Giulio -rispose il ragazzo-. Giulio Crollalanza”. Dopo un attimo di esitazione si alzò dal materassino e tese la mano a Fenoglio. “Pietro Fenoglio”, disse il maresciallo, separandosi dalla spalliera e tendendogli la sua. “Fenoglio come lo scrittore? Sì, ma non siamo parenti”. “Anche tu come lo scrittore. In che senso? Crollalanza è la traduzione di Shakespeare, più o meno”. Il ragazzo rimase serio un po’. Controllava mentalmente. Poi il suo volto si distese in un’espressione di stupore. “È incredibile, è il mio nome e non ci avevo mai fatto caso”.
L’intero racconto è un confronto fra i due personaggi che rievocano, in uno spazio circoscritto, situazioni ed episodi del passato. Il personaggio senior e il personaggio junior hanno molto in comune, quasi sono due parti dello stesso personaggio, o lo stesso personaggio in due fasi della vita, entrambe in un momento di crisi, di passaggio: il primo prossimo alla pensione, il secondo in un incerto inizio di maturità.
Quando gli viene chiesto a bruciapelo cosa vorrebbe fare, Giulio Shakespeare risponde senza esitazione: “Vorrei scrivere”. What else? “Romanzi o racconti? O scrivere nel senso di fare il giornalista?” lo incalza Fenoglio. “Vorrei scrivere quella che gli americani chiamano narrative non fiction. Storie vere messe in forma narrativa. Cose come A sangue freddo di Truman Capote. Non so se lo conosce… ”.
Fenoglio lo conosce. Giulio si meraviglia che un maresciallo dei carabinieri possa conoscere il libro di Capote, e Fenoglio si meraviglia che uno studente di legge sappia cosa sia la sospensione dell’incredulità. Il fatto è che anche lui, da giovane, avrebbe voluto scrivere, guadagnarsi da vivere scrivendo. Ma aveva appena cominciato a frequentare l’università quando il padre lo convinse a provare la selezione per il corso sottufficiali.
Seguono alcuni capitoli in prima persona, in cui Fenoglio racconta episodi della sua carriera di investigatore, dai primi passi all’acquisizione di una professionalità matura, e lo sguardo del giovane arde di ammirazione. Giulio fa molte osservazioni, sempre appropriate e intelligenti, e lo sguardo del maresciallo brilla di simpatia. Il maresciallo, che nella sua carriera ha visto cento e settantuno morti ammazzati, cita Lo sconveniente odore della morte (ma forse, più che al Giallo Mondadori di Block Lawrence, il riferimento è al racconto L’odore della morte di Beppe Fenoglio), e Giulio ricorda la sua amata nonna paterna, insegnante di lettere e scrittrice: l’unica persona che ha visto morta.
Si crea un legame complice, uno scambio di affetti, profittevole per entrambi. Sullo sfondo il bene e il male, l’ordine e il disordine, un’umanità dolente, e la presenza discreta di una donna. Nell’ultimo incontro tra i due, il dono da parte di Giulio di un libretto scritto dalla nonna, e il passaggio al tu confidenziale, sanciscono un ulteriore ravvicinamento, l’approdo a una più serena, adulta consapevolezza. “La prossima volta che ci incontriamo sai come chiamarmi”, conclude il maresciallo Fenoglio.
Fenoglio come Beppe Fenoglio. Non a caso. La situazione, i personaggi e i dialoghi dell’ultimo libro di Carofiglio ricordano, infatti, War can’t be put into a book, un singolare racconto dell’ultimo Fenoglio pubblicato postumo in Tutti i racconti (Einaudi, 2007), dialogo fra un maturo partigiano senza nome, che racconta in prima persona, e il più giovane Jerry, anglofilo, scrittore principiante: entrambi proiezioni dell’autore e del suo più famoso personaggio, Johnny, qui colto in due fasi della sua vicenda umana e intellettuale.
“Mi rendevo perfettamente conto che il dialogo aveva un tono decisamente letterario, fatto di compiacenze da parte mia e di reticenze da parte di Jerry. Ma mi andava a genio: erano mesi che non sviluppavo un dialogo del genere…”
Si è parlato della scrittura. Forse anche la copertina del libro contiene una traccia. Forse l’ombra proiettata dal personaggio, nella bella illustrazione di Mark Smith, è proprio quella di Beppe Fenoglio. Forse, cioè, il nuovo libro di Carofiglio è anche un omaggio a Beppe Fenoglio, a un maestro che, evidentemente, non gli ha suggerito soltanto il cognome e la regione d’origine del protagonista. Forse, anche la lezione di Beppe Fenoglio, è uno di quei “successi preterintenzionali” che, secondo il maresciallo, tendiamo a sottacere, confermando così l’impossibile obiettività di ogni racconto.