Le sirene di internet non sono l’informazione

Col giornalista Valentino Losito “Città dell’Uomo” riflette, a Bitonto, sul valore fondativo dell'informazione libera e corretta nel mondo globale

Tutti hanno il diritto a manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta a autorizzazioni o censure”. Sono le parole dell’articolo 21 della Costituzione. Noto, se non altro, perché fondativo delle libertà che lo stato repubblicano, sorto dalla lotta antifascista, garantisce a tutti i suoi cittadini, senza discriminazione alcuna.

Eppure, nell’era dei social network, assistiamo al ridimensionamento di due categorie costitutive della vicenda umana: lo spazio e il tempo. A risentirne è l’informazione, risucchiata in un vortice di crisi generalizzata. Fra le tante cause, si impone alla nostra attenzione il fatto che, in rete, l’informazione diventa sempre più personalizzata.

I social, in particolare, ma anche i siti di ricerca (google per primo) e di aggregazione delle notizie non offrono a tutti gli stessi contenuti, non aggiornano tutti allo stesso modo, ma distribuiscono informazioni calibrate sui gusti, gli interessi, le preferenze dei lettori-consumatori. Tuttavia, ammesso che ciò che corrisponde alle mie preferenze sia giusto per me, in quanto adeguato alla mia personalità, tutto questo non ha niente a che vedere con criteri oggettivi, quali la rilevanza, la correttezza, la significatività sociale.

Valentino Losito

Se alla nostra attenzione vengono sottoposte, quotidianamente, notizie che corrispondono alle nostre passioni e riflettono i nostri gusti, in una sorta di specchio deformante che ci restituisce una realtà a misura di noi stessi, allora non è un’esagerazione affermare che il web ci prospetta una visione “addomesticata” della realtà dove, in assenza di ogni selezione, tendiamo a muoverci entro lo spazio di convinzioni già acquisite, servendoci di categorie che già conosciamo.

Come cambia, quindi, il ruolo dell’informazione nell’agorà telematica di internet? Può un mondo “connesso” come il nostro gestire la propria complessità attraverso un algoritmo che, filtrando a monte la realtà, la semplifica in funzione delle preferenze dei singoli clienti-lettori?

Sono questi alcuni interrogativi da cui ha preso il via il quarto appuntamento della serie di incontri organizzati da Città dell’Uomo, la scuola di formazione politica di Bitonto, dedicato al tema dell’Informare nel mondo globale, che ha visto come relatore Valentino Losito, già presidente dell’ordine dei giornalisti di Puglia e oggi membro del consiglio nazionale.

L’informazione giornalistica è una sorta di precondizione alla Carta costituzionale, perché se la Costituzione postula la realizzazione dello Stato attraverso la partecipazione del cittadino alla vita democratica, è evidente che tale partecipazione può avvenire solo nel caso in cui il cittadino sia bene informato. Va da sé che più alta è la qualità dell’informazione, tanto più forte sarà la tenuta del sistema democratico del Paese”, ha esordito Losito, sottolineando come informazione e democrazia siano valori interscambiabili nel contesto del “villaggio postglobale”, oltre il celebre sintagma di Mc Luhan.

Assistiamo, tuttavia, con frequenza sempre più preoccupante, a un generale processo di delegittimazione dell’intera categoria dei giornalisti. Solo pochi mesi fa, sono stati definiti “pennivendoli e puttane” e “infelici sciacalli”, rispettivamente da Alessandro Di Battista e Luigi di Maio (leggi l’articolo di Giacomo Pisani).

Non per fare le pulci al governo giallo-verde, ma è allarmante che il presidente della Repubblica sia dovuto intervenire a più riprese per difendere il diritto all’informazione in quanto esercizio di critica”, prosegue l’ex presidente. Nel messaggio alla federazione nazionale della stampa, lo scorso gennaio, Mattarella ha ribadito che “ai giornalisti è affidata una grande responsabilità nel saper corrispondere alla visione dell’informazione come bene pubblico, elemento irrinunciabile della vita democratica”, ha spiegato Losito.

il presidente Sergio Mattarella

L’informazione, quindi, è tale solo nel momento in cui diventa condizione di libertà ponendosi al servizio della collettività, cioè della persona intesa nella vasta gamma delle determinazioni sociali. “Per continuare a garantire un’informazione indipendente, al servizio dei cittadini, è necessario che la professione giornalistica venga esercitata con consapevole autonomia, nell’aggiornamento della propria formazione e nell’osservanza di rigorose regole deontologiche”, ha proseguito Losito, citando Mattarella.

L’informazione è un bene pubblico come l’acqua e ai giornalisti, in primo luogo, ma anche ai vari comunicatori, spetta il compito -ha osservato il giornalista- di rendere potabili le notizie che arrivano nelle case dei cittadini, tenendo vive le coscienze attraverso l’esercizio del pensiero, non addormentandole con le vuote promesse della pubblicità e del consumismo”.

Eppure, per il “popolo della rete”, le notizie più aggradanti sono quelle che soddisfano la mera curiosità, sollecitando pruderie varie, alimentando quel chiacchiericcio pettegolo di sottofondo, nobilitato come “gossip”. Tale possibilità di espressione potrà anche essere comunicazione allo stadio più semplice ma è altra cosa rispetto all’informazione.

Troppa informazione equivale a nessuna informazione. E quella cattiva peggiora la qualità della vita con gravi conseguenze per la coscienza dei cittadini. Dovremmo, quindi, selezionare le notizie, concentrandoci su quelle necessarie, utili, vere. La buona informazione costa, e né gli smartphone né Amazon possono comprare un’idea di società. Mettere in-forma la comunicazione significa, anzitutto, darle uno scopo che la indirizzi all’utilità e all’interesse dei cittadini. Quanto a noi cronisti, dovremmo attenerci alle regole d’oro del nostro mestiere: il controllo dei fatti e l’onestà nel riferirli”, ha precisato Losito.

Il parlamento europeo

Il web, tuttavia, se reso meno “anonimo”, potrebbe aiutare a creare un clima più fertile per il rifiorire di una domanda di informazione professionale, corretta e competente. “Se la rete istintivamente risponde al “chi”, al “cosa”, al “come” e al “quando”, solo il “perché” potrà salvare il giornalismo dalla dèbacle totale. Oltre a domandarsi perché fornire certi dettagli, il giornalista dovrà valutare l’utilità sociale di quella informazione senza perdere d’occhio la prima, concreta declinazione del diritto all’informazione: la tutela dei cittadini da ogni imbroglio”, ha chiarito il relatore.

Quotidiani e settimanali perdono quotidianamente lettori e gettito pubblicitario, mentre Google e Facebook, colossi della comunicazione, fatturano miliardi di dollari. “Tuttavia, dopo decenni in cui il saccheggio dei contenuti editoriali non era di fatto sanzionato, finalmente con la normativa sul copyright, approvata dalla commissione giuridica del parlamento europeo, i diritti e gli obblighi della legge sul diritto d’autore saranno ora applicati anche a internet. Sono fiducioso che l’applicazione delle regole tutelerà migliaia di posti di lavoro, trasformando il web in una piazza in cui i cittadini siano educati a formarsi criticamente e non fideisticamente”, ha concluso Losito.