Il novero delle composizioni sacre di Tommaso Traetta, celebre compositore bitontino della scuola settecentesca napoletana, della cui nascita ricorre oggi l’anniversario, potrebbe presto arricchirsi di una nuova opera: una messa.
È a questa conclusione, potenzialmente molto importante per gli studi sulla musica sacra del grande musicista (argomento peraltro mai analizzato in maniera scientifica), che potrebbe portare la ricerca effettuata da un suo giovane concittadino, l’organista e musicologo Adriano Morea (vi avevamo raccontato la sua storia in questo articolo).
Nel compilare la lista delle creazioni sacre di Traetta, campo d’indagine che con molta probabilità diventerà oggetto di ulteriori approfondimenti nel corso dei suoi studi post-lauream, Adriano, residente da anni a Vienna, si è infatti imbattuto nel manoscritto di una messa conservato a Salamanca, in Spagna.
Tutto parte dal titolo stesso riportato sul frontespizio: “Missa: a 4 Vozes, Violines, Trompas, Viola y Acompañamiento del Señor Traheta”. Un indizio che, non essendo esistito alcun Traheta in Spagna, ha portato anche il curatore del catalogo dell’archivio della Cappella Musicale dell’Università di Salamanca, García-Bernalt Alonso, ad avanzare l’ipotesi che si tratti del musicista italiano.
Ipotesi che secondo Morea appare felice su più livelli. In primis sul piano linguistico, “perché lo stesso Traetta – ci spiega lo studioso bitontino – si è sempre firmato Trajetta e dato che sia la “j” che la “h” nello spagnolo antico indicavano un’aspirazione e che nella lingua spagnola si tende a scempiare le consonanti doppie, il passaggio da Trajetta a Traheta è molto plausibile”.
Poi sul piano logico: nonostante ci fossero state delle esecuzioni di sue opere in Spagna, il nome di Traetta non era particolarmente noto in quella terra (non ci è mai stato di persona), a maggior ragione nell’isolata Salamanca: spacciare una qualsiasi opera musicale come sua non avrebbe avuto alcun risvolto commerciale. “Ergo il copista che ha trascritto il suo nome, anche nella sua variante spagnoleggiante – aggiunge Morea – era in buona fede.
Infine sul piano temporale. “La Cappella dell’Università di Salamanca – continua – è stata una realtà molto importante ed è rimasta in attività dal 1738 fino ad almeno il 1804; uno spazio temporale compatibile con Traetta (1727 – 1779). La grafia con cui è stato vergato il manoscritto, molto precisa e ordinata, sembra databile orientativamente tra la fine del XVIII secolo e l’inizio del XIX”.
Il manoscritto non è autografo, ma si tratta di una copia vergata da un copista spagnolo (il frontespizio ed il testo latino presentano numerosi ispanismi). Ciononostante sono presenti numerose parole in italiano (o in latino in grafia italiana) che sono “sfuggite” allo scrivano, il quale probabilmente copiava direttamente dall’autografo ovvero da una copia ad esso molto vicina temporalmente, in cui il nome di Traetta compariva nella variante Trajetta (il passaggio Traetta – Traheta è meno plausibile di Trajetta – Traheta).
“Il documento – precisa ancora Adriano – presenta sì errori ma né correzioni ad opera dei musicisti né altri segni d’uso: è possibile dedurne che non sia mai stato usato come materiale d’esecuzione a Salamanca”. Quest’informazione, ci svela, può dunque essere compatibile con una datazione tarda del manoscritto, ovvero a ridosso dello scioglimento della Cappella (1804), la quale pur avendo ricevuto il manoscritto non avrebbe fatto in tempo a pianificarne l’esecuzione.
Continuando la nostra chiacchierata con il giovane musicologo scopriamo poi che la stessa mano ha copiato un altro manoscritto contenente una messa di un altro compositore italiano, semisconosciuto, il romano Bartolomeo Lustrini (anche lui vissuto nel XVIII secolo).
Ergo il nostro copista aveva accesso a materiale italiano a lui contemporaneo ovvero aveva una passione per la musica italiana di quel tempo. “È probabile che abbia avuto modo di copiare queste due messe durante un suo soggiorno in Italia. Ma purtroppo la carta dei due manoscritti non presenta filigrane che possano confermare questa ipotesi”, racconta Morea.
I manoscritti di Lustrini e Traheta sono due dei tre manoscritti di musiche di autori non spagnoli (il terzo è il tedesco Stamitz) su 295 manoscritti presenti nell’archivio. Adriano ha effettuato un controllo accurato nel database di RISM (Répertoire international des sources musicales) appurando che la musica della messa del señor Traheta non è riportata da nessun’altra fonte manoscritta conosciuta.
Ed ora, per la tesi di laurea specialistica in Musicologia, si accinge ad effettuare un’analisi stilistica dell’opera, confrontando la messa del manoscritto di Salamanca con l’unica altra superstite di Traetta (conservata al conservatorio di Firenze) e altri lavori sacri del suo conterraneo. L’intento è quello di realizzare poi un’edizione critica e pubblicarla presso un editore specializzato.
Ma quanto possiamo essere certi che quest’opera appartenga davvero al compositore bitontino? “Finora non c’è nessun elemento che contraddica l’attribuzione di questa messa a Traetta – risponde Morea –. ma nemmeno uno che la confermi inequivocabilmente, solo tanti particolari compatibili. Il contesto di composizione ed esecuzione della messa sarebbe di notevole aiuto, ma purtroppo ad oggi non ci è dato conoscerlo”.
Qualche novità potrebbe arrivare nei prossimi mesi, con l’analisi stilistica della messa. Nel frattempo tra non molto Adriano sarà a Bitonto per tenere un concerto d’organo. Chissà che fino ad allora l’operazione di attribuzione della paternità della messa non possa considerarsi felicemente conclusa.