“Cara Alice ti scrivo, così ti spiego il mio amore per te”

Dal cinema alla tv all'esordio letterario, nel successo di Bianca Guaccero ci sono sincerità, coraggio, libertà e nostalgia per la sua Bitonto

Prendi qualche parola, dolce; fanne pensiero, pensiero semplice ma lungo e ragionato. Aggiungici un cuore grande, cuore di mamma in ansia per il futuro di sua figlia. E poi, l’impeto di una creatività irrefrenabile, la capacità di farsi guidare dalle cose vere e semplici, eterne.

Avrai così “Il tuo cuore è come il mare”, libro della nostra Bianca Guaccero, edito da Rai Libri. Nostra della terra di Puglia e di Bari, ma in special modo della sua Bitonto, città che tanto ama.

Sorprende, Bianca, ma solo un po’. Animo versatile, figlio della creatività di cui si è detto; spirito libero, soavemente ribelle, specie ai conformismi di maniera del suo mondo, mondo patinato e di vetrina, talvolta. E lei invece lì, vera. Perché la conosciamo, Bianca. È sempre lei, per questo sorprende solo chi non la conosce davvero bene. La sta ammirando sempre più anche il pubblico nazionale, visti i suoi successi come conduttrice Rai.

Ecco ora questo libro, dettato dall’amore verso la figlia Alice. Un libro sotto forma diretta, epistolare; libro di una mamma che straordinariamente ama e che cerca di incamminare lungo le impervie vie dell’esistenza la sua creatura. Bianca si racconta, delinea il suo mondo giovanile di paure ed ansie, così naturali nelle particolari età di formazione. Bianca bambina, ragazzina, donna. Bianca che vive la vita e la rende sulla pagina.

Disvelamento niente male per un volto notissimo della tv e dello spettacolo. Un atto di coraggio che, conoscendo Bianca, possiamo dire che si spiega solo con l’amore stesso verso la sua bimba. Il sottotitolo del libro reca: “Lettera a mia figlia Alice sulla vita e sulle favole e su come nasce una perla”. La scienza, la biologia e la natura vengono in soccorso per originare il bello e la speranza. Così anche i tanti riferimenti alle fiabe, ai cartoni, ai personaggi mitici di ogni età aiutano la piccola a percepire i discorsi materni. Discorsi ben lontani da atteggiamenti moralistici o prescrittivi.

Bianca, appellandosi anche alla nota radice etimologica di “educare”, spiega a sua figlia, con parole immediate, quanto l’educazione come emersione del meglio di una personalità sia un principio valido a tutte le età. Un inno alla libertà, queste pagine. La libertà di chi, come Bianca, pur amando terribilmente la sua terra, un giorno, a 19 anni, parte all’improvviso per Roma, anche per dimenticare una ferita d’amore. Lasciare, amando: la massima, la più matura delle libertà. Capire quando il tutto sta finendo, percepirlo un attimo prima di un inutile accanimento terapeutico. Vale nell’amore tra le persone, ci dice Bianca; vale anche nell’amore verso la propria città di origine. Terra cui si ritorna, indissolubilmente: “è come un cerchio”, scrive Bianca a sua figlia.

Bitonto c’è nel testo: c’è il cinema di paese dove cominciare ad amare un mondo poi calcato in prima persona, c’è la scuola, ci sono gli amici, l’amata famiglia. Anche qui la Guaccero non sciorina sdolcinate versioni di comodo. La famiglia può essere anche luogo di problemi e incomprensioni. Eppure i gesti maturi poi aiutano, figli di una consapevolezza grande: quella, appunto, dell’amore che, se c’è e resiste, sempre unisce e riunisce. Bianca poi ci fa capire quanto la scrittura l’abbia sempre aiutata nei momenti difficili o semplicemente introspettivi.

Da qui la scelta di appuntare emozioni sin dalla più tenera età, donando sorrisi, lacrime, sussulti dell’anima alla pagina di diario, una volta con cura custodita, mentre la Bianca di oggi, madre, madre adulta, sceglie di rassegnare anche ad un pubblico decisamente più vasto il frutto dei suoi pensieri su carta. E quindi, tornando al “perché” di questo libro, per quali ragioni esso è realmente nato, nonostante la nota ritrosia di Bianca nel rapporto pubblico con la figlia, evidentemente a tutela della sua piccola? Perché questo cambiamento e dunque la consegna alle stampe di queste righe?

Bianca Guaccero e Giovanni Ciacci, conduttori di Detto Fatto, programma del pomeriggio di Rai Due

Il successo e allora una scelta editoriale, per così dire, sicura? Solo questo? Noi crediamo che davvero Bianca abbia voluto, con semplicità e leggerezza, trasmettere messaggi di libertà e speranza al mondo dei piccoli ma ancor di più a quello dei grandi. Senza particolari pretese di letterarietà, questo va anche detto.

Il che non vuol dire che lo stile non sia fluido ed efficace, anche nel ricorso al riuscito espediente del racconto di alcune figure classiche della letteratura per l’infanzia o dell’animazione. La nostra presentatrice ed attrice ci parla dei suoi attacchi di panico di ragazzina, ci dice che non sempre il buio è nefasto nella vita, spiega a sua figlia il bene e il male di internet e dei social, narra del suo primo amore (“Nicola”, Ventola of course, il giocatore grumese-bitontino del Bari che poi andrà all’Inter) e tanto altro.

Pagine che fluiscono semplici perché dalla vita vengono e alla vita tornano. Naturale pensare anche ai riferimenti letterari quanto al rapporto genitore-figlio. Vengono così in mente le poesie di Kipling (la famosa “Se”), Neruda, Hikmet. Un tema da sempre coltivato, anche in età classica.

“Oggi il concetto di madre è andato a farsi benedire. Si tiene più conto di altri valori, oggi la donna ha voluto emanciparsi, ha voluto apparire e mantenersi eternamente giovane, soprattutto non sfiorire come madre vicino ai figli; ma essere bella e piacente va a scapito di tutto l’amore e di tutta l’umiltà che è necessaria per crescere dei bambini”. Parole, queste, di Alda Merini, autrice tra l’altro proprio di una “Lettera ai figli” oltre che di bellissime poesie dedicate sempre ai suoi figli.

E l’educazione? Altro bel tema. Franz Kafka, lo scrittore della celebre “Lettera al padre” scrisse che per molti genitori l’amore verso i figli è solo “animalesco, insensato, si confonde continuamente con il figlio, mentre l’educatore ha rispetto del bambino, e da un punto di vista educativo questo è incomparabilmente di più, anche se non dovesse concorrere l’amore”. Per Bianca, invece, un genitore può, deve educare.

Cosi scrive: “Educare non vuol dire imporre ai bambini qualcosa dall’esterno. Tutto il contrario. Ora capisci perché la mia più grande ambizione è quella di educarti”. La storia di Bianca, la storia che racconta al sangue del suo sangue, viene da lontano, magari anche da sofferenze, raccontando così nient’altro che l’emersione del proprio coraggio, il coraggio contro tutti, quando quei tutti magari cercano di interrompere tragitti, annullando i traguardi e spegnendo i sogni. E invece no, Bianca c’è, c’è stata, ha resistito, arrivando sin dove ora è. Adesso, grazie al libro, ma domani ancor di più, lo sa e lo saprà anche sua figlia.

Ha scritto Khalil Gibran: “Quelli che voi chiamate figli e figlie non sono i vostri figli. Essi sono figli e figlie di una vita che ha fame di sé medesima. Voi potete possedere i loro corpi, ma non le loro anime, poiché queste dimorano nella casa del domani, che voi mai visiterete, neppure nei vostri sogni”.

Nell’immagine in alto, Bianca Guaccero e la copertina del suo libro