La scuola non è il mercato: la “resistenza” comincia da un libro

Con “Aprire le porte. Per una scuola democratica e cooperativa” Piero Bevilacqua propone, alla libreria Laterza di Bari, un ritorno all'istruzione che formi le coscienze

L’Italia vive un momento particolarmente complesso e difficile. Un tempo di crisi che investe ogni settore della vita civile, compresa la scuola che, piegata sempre più alle esigenze del mercato, va perdendo di vista il proprio scopo: rendere pensante e critica la popolazione, a prescindere dal denaro che circola nelle tasche dei cittadini. E nessuna ricetta, né di destra né di sinistra, si mostra in grado di ribaltare questa tendenza.

La scuola, dunque, appare sempre più ridotta a “vuoto organismo”, il cui unico scopo (peraltro tutto da conseguire) è immettere i giovani nel mondo del lavoro, o meglio nel “mercato del lavoro”, senza favorire in alcun modo le inclinazioni del singolo, la sua intelligenza e i suoi interessi. Tutto ciò che non è funzionale alle esigenze mercantili della società viene considerato obsoleto e inutile.

In quest’ottica, cioè quella del mercato, l’antico assetto che ha reso l’istruzione del nostro Paese una delle migliori al mondo, deve essere smantellato, in nome di una scuola che sia “al passo con i tempi”, con il sapere tecnico elevato al rango più elevato e la formazione umanistica relegata al ruolo di misera ancella del primo.

È questo l’assunto a cui cerca di porre un robusto argine l’ampia e vasta materia trattata dal volume “Aprire le porte. Per una scuola democratica e operativa”, curato da Piero Bevilacqua, professore di Storia contemporanea all’università La Sapienza di Roma, che oltre alle sue idee ha raccolto nel libro il contributo di numerosi docenti: Abati, Angelucci, Baldacci, Biazzo, Carmosino, Drago, Latempa, Marchetti, Scandurra, Toscani, Vacchelli, Vavalà, Vitale.

Il saggio è stato presentato nei giorni scorsi alla libreria Laterza di Bari, dove, oltre al professor Bevilacqua, sono intervenuti i docenti Tiziana Drago, Laura Marchetti e Luigi Vavalà.

Un’occasione proficua per dibattere contro la privatizzazione, la devalorizzazione e la svalutazione della scuola, nonché contro il conformismo e la chiusura mentale.

il prof. Piero Bevilacqua, autore del volume “Aprire le porte. Per una scuola democratica e operativa”

La scuola deve formare studenti dotati di una cultura globale. Deve essere in grado,  spiega Bevilacqua, di accrescerne le capacità critiche, sviluppando la loro capacità di leggere quanto avviene intorno. Proprio il contrario di quanto esige il mercato: individui-macchine con un sapere parziale e limitato al singolo ambito, con i legami neuronali atrofizzati e sprovvisti della capacità di spaziare da un contenuto all’altro; di pensare, insomma, e di opporsi al sistema di cui si è schiavi. E, d’altra parte, pur di lavorare i giovani sono disposti a “farsi usare”, a scendere a compromessi, entrando in un circolo vizioso in cui il datore di lavoro è il solo a trarne vantaggio, curandosi esclusivamente del proprio tornaconto.

“La scuola deve offrire pari opportunità a tutti -incalza il professore- rifiutando di essere la replica di una realtà, dominata dal razzismo, dall’odio, dalla povertà e della prepotenza. Deve offrire pari opportunità a tutti, invece di accrescere la competitività sin da piccoli, suscitare invidia verso chi emerge con i propri meriti rispetto a chi può pagare per ottenere con denaro sonante un titlo di istruzione”.

Con tutte le riforme che si sono susseguite sin dal 1997, dalla legge Bassanini fino alla più recente “Buona Scuola”, la scuola pubblica sta divenendo sempre più un lontano ricordo, avviati come si è verso una completa “privatizzazione”. E un ulteriore passo in questa direzione è la regionalizzazione della formazione, che finirà con l’aumentare il divario tra la scuola del nord, tecnologica e all’avanguardia, e quella del sud, senza fondi e risorse.

Il dibattito seguito alla presentazione del libro ha stigmatizzato l’orientamento dello stato, pronto a concedere sovvenzioni sempre maggiori non alle scuole pubbliche ma a quelle private, sottoposte in qualche modo al controllo degli investitori, i primi a beneficiare del sistema scolastico vigente.

Si motivano sin da piccoli gli studenti a cercare la felicità nel successo e nella ricchezza, come in America già da qualche anno e come nel famoso film di Muccino “Alla ricerca della felicità”. E la società garantisce questo successo solo a chi si piazza in determinati settori, grazie a scelte “opportunistiche”, a discapito di qualunque valore. E pur di isolarsi da una realtà sempre più vuota e infelice – pari a quella di una prigione, di cui ha parlato Daniele Silvestri nella canzone “Argentovivo”, portata a Sanremo – i bambini e, purtroppo, anche i ragazzi e gli adulti si isolano, preferendo il mondo virtuale e chiudendosi sempre più in sé stessi.

È una realtà sempre più chiusa quella in cui viviamo e la scuola si va sempre più genuflettendo ad un potere che non è in grado di contrastare.

Questo libro è stato definito dalla professoressa Tiziana Drago, docente presso l’ateneo barese, “un nucleo di resistenza”. Ma non è il solo. Ormai sono sempre più in crescita i “nuclei di resistenza”.

E presto, si spera, saranno in grado di opporsi al processo di mercificazione della scuola e degli individui da essa formati. In difesa degli straordinari insegnanti che continuano a svolgere pienamente il proprio compito e degli studenti cresciuti nel sano dovere dello studio, inteso come strumento per imparare e crescere e non come bieca ripetizione di concetti semplificati e mentalmente atrofizzanti.