Da alimento dei poveri a prelibatezza da gourmet

Alimento tipico della tradizione contadina, la frisella con il suo condimento a base di olio e pomodoro è uno dei piatti più gustosi e nutrienti delle tavole pugliesi

Simbolo della cultura contadina di Puglia, la frisella, grazie soprattutto al successo della cucina tipica salentina, rappresenta oggi uno degli alimenti più consueti sulle mense domestiche e, opportunamente condita, sui tavoli dei ristoranti.

Campo di Grano – PHOTO ©Paola Ricci
Grano -PHOTO © Paola Ricci

La leggenda vuole che per ammorbidirla fosse immersa velocemente nell’acqua del mare dai pescatori, durante i lunghi viaggi in cui era difficile avere a disposizione il pane. L’origine di quest’alimento non è ancora chiara: si pensa che risalga al primo dopoguerra, nato in ambito popolare con l’uso di pochi e semplici ingredienti.

Un’altra tradizione vede nella frisella il vecchio “pane delle Crociate”, utilizzato dalle truppe dei cristiani che si spostavano per lunghi viaggi. Anche la sua forma ha una radice storica e non certo estetica: era funzionale alla praticità del trasporto e alle necessità di conservazione, spesso annodata a cordicelle, come una lunga collana. Importante era anche tenere le friselle lontane dall’umidità, conservate in grossi orci di creta.

La frisella – PHOTO © Paola Ricci
Frisella e condimenti – PHOTO © Paola Ricci

Le tipicità territoriali hanno poi il loro valore e così, nel dialetto barese, specie nella variante bitontina, la frisella diventa la “cialledde”, preparata con pomodoro fresco, olio, sale e talvolta aglio. Una chiacchierata con Francesco Bove, storico panificatore della città dell’ulivo, risulta assai utile. Comprendiamo, così, che questo alimento racchiude davvero tutto il passaggio diretto tra la natura dei frutti e quella della terra: i nostri avi piantavano i semi di pomodoro a grappolo sotto gli alberi degli ulivi; realizzavano come una grotta sotto le radici dell’albero dove crescevano le piante. E le piante più vigorose erano nutrite dall’humus delle foglie dell’ulivo che, cadute a terra, creavano un equilibrio perfetto.

Esiste una leggenda attorno alla nascita della frisella. Si narra di un fornaio disattento che aveva lasciato dei panetti nel forno più del necessario: si biscottarono e, nella logica di non buttar via mai nulla di ancora commestibile, si trovò una soluzione. Quale? Il fornaio li portò a casa, li aprì lungo lo spessore, li ammorbidì in acqua, li condì con olio, pomodoro e sale.

L’aglio da strofinare sulla frisella – PHOTO © Paola Ricci

Nacque, così, questa piccola meraviglia. Francesco Bove racconta che, pur nella semplicità essenziale del prodotto, la difficoltà della preparazione della frisella è data dalla sua cottura e dal tentativo di mantenerla “ricca di porosità, di alveoli nella pasta, perché se non cresce bene o se non è impastata a dovere, la massa tenderà a stendersi eccessivamente”.

L’impasto è lo stesso del pane: farina di grano tenero, acqua, sale, lievito madre o lievito di birra. La lievitazione, in quest’alimento, è doppia: una volta, quando l’impasto è preparato per il pane e poi, la seconda, quando se ne separa la porzione più propriamente dedicata alla futura frisella che, lasciata a riposare, lieviterà ancora.

Una frisella ammorbidita con l’acqua – PHOTO © Paola Ricci
Una frisella condita con olio e sale – PHOTO © Paola Ricci

Poste su tavole di legno coperte da teli bianchi e candidi, le friselle appaiono come tanti soffici cuscini. Da qui si passa al forno per acquisire il calore della prima cottura. Arriva poi una spruzzata di acqua vaporizzata ad ammorbidire la crosta del preparato e, infine, nel contatto con l’aria calda della fornace, la piccola delizia fa tesoro di tutti i sapori che già vi erano collocati, un luogo magico dove erano state cotte le focacce, i calzoni e il pane stesso.

Quando sono sfornate, le friselle si lasciano riposare perché si raffreddino completamente. La maestria del fornaio si rivela concretamente nel taglio a mano con il coltello: dovrà stare attento a non trascinare la materia, separando le due lisce parti della frisella, magari con spessore diverso, proprio ad indicare la manualità artigiana dell’operazione. Arriva infine la decisiva, seconda cottura, quella destinata a creare l’effetto “biscotto”, compiuta con solerzia e maestria dal panettiere, attento a non bruciare la frisella, lasciando il forno parzialmente aperto, in modo che l’umidità interna del calore non ricada sulle nostre piccole meraviglie.

Il pomodoro e l’olio condiscono la frisella – PHOTO © Paola Ricci

E il “gioco” continua. E’ il momento dell’arricchimento con altri sapori: lo spicchio d’aglio, l’olio extravergine d’oliva, il sale e il pomodoro maturo a pezzetti. Il tutto, come una colata si mescola con il giallo limpido dell’olio, versato nuovamente sopra le friselle, che vanno gustate con la consapevolezza di attingere al patrimonio ancestrale delle culture e delle tradizioni della gente di Puglia.

Ingredienti per l’impasto: farina di grano tenero, sale, lievito di birra o lievito madre, acqua.

Condimento: pomodoro o pomodorini appesi, sale, olio extravergine d’oliva, aglio.