La grande storia italiana delle minoranze linguistiche lungo lo Stivale trova un felice episodio in Sardegna; un momento, diremmo, che ci si augura faccia scuola e sia da felice esempio per la particolare e sempre più necessaria tutela di questi aspetti del nostro patrimonio storico e appunto linguistico. Una storia viva tanto al Nord quanto al Sud. Una storia che più che italiana, in senso storico-politico, è semmai “italica”, perché fa riferimento alla singolare e determinante posizione geografica e strategica della Penisola. Aspetto o, meglio, “esposizione” che nei secoli ha sempre costituito il tratto distintivo di questa affilata e stretta striscia di terra alla fine dell’Europa in senso continentale e, però, nel bel mezzo del grande bacino del Mediterraneo. Non si dimentichi che una parte del territorio italiano (tutta la Sicilia tranne il suo nord est) è già, a livello di placca, parte del continente africano.
Da qui tanti passaggi di popoli nella storia. Con strascichi evidenti nell’attualità. Se solo si guardasse a questa con gli occhi della sua progenitrice (la storia, niente altro che la storia: la mamma dei nostri giorni e delle nostre strutture), tanti conflitti, di tutti i tipi, si risolverebbero o quantomeno emergerebbero come meno traumatici.
Anche il grande popolo Rom (categoria per la verità spesso usata a sproposito e con scarsa filologia etnico-storica) ha spesso attraversato le nostre lande.
Lo sanno appunto in Sardegna, vediamo come e perché. Potrebbe intanto chiedersi cosa mai abbiano in comune i cosiddetti i camminanti siciliani (etnia nomade sicula, una storia che meriterebbe un articolo a parte), i calderai ambulanti stagnini di Tramonti (Friuli) e gli abitanti della piccola comunità di Isili, in Sardegna. Proprio la lingua, per meglio dire una certa origine del gergo locale. A partire dal 1500, infatti, in “Italia” iniziarono a giungere gruppi di etnia Rom, al nord via Venezia, provenienti da Corfù. Erano particolarmente abili nella lavorazione del rame e dei metalli. Parve subito quasi incomprensibile la loro lingua, eppure ha saputo (forse proprio per questo, chissà) tramandarsi nei secoli giungendo fino a noi in alcune piccole comunità del territorio italiano.
A Isili, poco più di 2500 abitanti a un’ora da Cagliari, questa parlata è nota come S’Arbaresca o Sa Romaniska e viene usata dai pochi ramai ancora in attività nel paese.
Lingua e lavoro, dunque. Tradizione al quadrato. E sono proprio i ramai e le donne dedite alla tessitura i protagonisti di una residenza d’artista che trasformerà il piccolo centro in un set teatrale e cinematografico.
Questo l’avvincente progetto dell’associazione “La Fabbrica Illuminata”, nato attorno all’omonimo romanzo di Cristian Mannu, vincitore del Premio Calvino 2015, il più importante riconoscimento nazionale per le opere prime.
Un intero paesino sarà così al centro di conferenze, workshop, seminari. In più anche laboratori in vista di uno spettacolo teatrale diretto da Marco Parodi e che, accanto agli attori professionisti, coinvolgerà gli stessi abitanti del paese. Lo spettacolo sarà allestito a conclusione del triennio grazie anche alla collaborazione con il regista cinematografico Enrico Pau e l’attore Pino Micol.
Il libro di Mannu, un grande esordio, affronta il coraggio di una donna abile nel ribellarsi ad una visione arcaica del rapporto donna-società. È una Sardegna antica e ricca di suggestioni ancestrali.
L’opera teatrale vivrà della poetica del romanzo, già scritto in chiave dinamica, pronto alla sua trasposizione.
L’obiettivo, si è detto, è quello di riportare in primo piano due importanti tradizioni artigiane locali: la lavorazione dei manufatti in rame e la realizzazione di prodotti tessili. Una tradizione che ha diviso i ruoli maschile e femminile. Secondo molti, la lavorazione del rame, sopravvissuta nell’isola soltanto ad Isili, avrebbe origine appunto zingara, con probabili ascendenze anche ebraiche. Due attività utilissime, nella storia, a dotare di qualcos’altro la debole e contadina economia isolana.
Quasi tutte le case di Isili avevano un telaio e le ragazze, fin da piccole, imparavano a tessere. Il rame poi veniva anche commercializzato, esportando questa particolare creatività e capacità sarda. Mestieri che si sono anche tramandati in virtù di una felice trasmissione familiare.
Così come si è tramandata la lingua, gergo finora rimasto ancora all’ombra delle ricerche linguistiche. Eppure quello degli zingari-ramai è considerato il sistema linguistico più antico della Sardegna e tra i più datati del Mediterraneo, ancora oggi con curiose corrispondenze in Friuli e in Sicilia, ma anche in sparute zone della Calabria.
Strabiliante poi indagare come le tradizioni orali del linguaggio siano così visceralmente unite alla dimensione dell’artigianato storico e locale. L’uomo modella gli elementi, in tutti i sensi. E crea così cultura. È sempre la storia, la storia di ogni secolare antropologia che abbracci l’esperienza, a parlare.
In quella quotidianità e cronaca di ieri che è la storia di oggi e che è dovere non perdere per poterne tramandare il senso autentico al futuro. Oggi l’attività dei ramai è davvero ridotta ai minimi termini. Purtroppo! Se ne concepisce con mano però la memoria nel Museo del rame della piccola Isili.