Il disegno del paesaggio agrario nella “Murgia della città”

Un luogo unico, nel territorio di Bitonto, dominato dalla pietra, dove alla quotizzazione si accompagnano un sistema di paretoni e una specchia

L’area del territorio di Bitonto che dal tracciato dell’Acquedotto Pugliese, lambendo il confine del comune di Toritto, si spinge fino al limite con quello di Altamura, doveva essere in passato una superficie tutta demaniale.

Su questa lunga striscia di terra, toponimi di strutture o ambiti riportano nella denominazione la dicitura “della Città” oppure “Comunale” o ancora “di Bitonto”: Jazzo della Città, Masseria della Città, Bosco Comunale, Lama della Città, Quote di Bitonto e Murgia della Città. Con quest’ultimo toponimo è indicato il lembo di terra ai margini del territorio di Bitonto, serrato in un angolo, stretto tra i confini comunali di Toritto e Altamura.

Murgia della Città è un paesaggio quotizzato, a tutti gli effetti. Anzi, molto presumibilmente questo comparto doveva essere legato a quello delle Quote di Bitonto. Ad acclarare l’ipotesi vi è la coincidenza, forse non del tutto casuale, tra la giacitura dell’ultimo tratto obliquo della strada poderale delle Quote di Bitonto e la trama dell’ordito dei campi dell’area di Murgia della Città.

L’appoderamento dell’area, pur se idealmente legato all’impianto delle quote, si presenta però con l’orientamento ruotato. Infatti, mentre nelle quote per l’ordito è stata utilizzata la tecnica a strigatio, con le lunghe fasce di terra rettangolari organizzate tutte parallelamente al tratto rettilineo intermedio della strada poderale che, quindi, ne fissa la giacitura, nel comparto di Murgia della Città la divisione dei campi avviene secondo il sistema a scamnatio, con i poderi tutti disposti ortogonalmente al tratto terminale obliquo della strada poderale delle quote.

Nella scansione rettangolare dei campi è riconoscibile, tuttavia, una modulazione quadrata legata all’actus, l’unità di misura che i romani utilizzavano nella centuriazione del territorio, equivalente a 120 piedi. Questo modulo misura circa 248,5 metri, pari a 7 actus.

Murgia della Città la si può raggiungere, in modo poco agevole, a dir il vero, in due modi: o dall’agro di Bitonto oppure da quello di Altamura. Nel primo caso bisogna intraprendere, in prossimità dell’arrivo al Bosco Comunale, la strada poderale di sinistra, che correndo all’interno della Lama della Città, ne segna il limite territoriale, fino ad insinuarsi, poi, tra i poderi della quotizzazione; mentre la seconda possibilità è data percorrendo la strada che porta allo straordinario sito archeologico di Casette al Castigliolo, proseguendo fino a giungere al confine comunale.

Il suolo dell’area è modellato da due solchi erosivi poco profondi e poco larghi che confluiscono nella vicina Lama della Città, senza influenzare l’ordito regolare della divisione poderale, favorendo piuttosto la crescita della vegetazione spontanea.

Allo stato attuale, l’area vive una condizione di totale abbandono, eppure la sua posizione strategica di limite territoriale, con i manufatti realizzati all’interno e la straordinaria conformazione che ha assunto nel tempo con la quotizzazione, dimostra che in passato è stata oggetto di particolari attenzioni e profonde trasformazioni, di cui restano importanti ed enigmatiche tracce.

Murgia della Città rispetto al semplice paesaggio delle Quote di Bitonto presenta una serie di manufatti differenti e alquanto insoliti per il territorio bitontino. Qui alla necessità di accumulare le pietre, raccolte nel corso dello spietramento per rendere coltivabile il suolo, e all’esigenza di erigere muri di recinzione per la delimitazione e la protezione delle proprietà, si lega anche la finalità di segnare il confine comunale.

I campi, non solo sono definiti da larghe e basse macere o da esili muri a secco, come nelle quote, ma sono pure delimitati, in prossimità della linea di confine, da opere notevoli nelle quali il materiale lapideo raccolto è stato disposto in maniera più ordinata fino a raggiungere dimensioni in larghezza davvero considerevoli.

In questo tipo di appezzamenti non vi sono cumuli di pietra disseminati, come in quelli delimitati dalle macere o dai muri a secco, perché tutto il quantitativo di pietre è confluito nelle poderose opere di divisione dei poderi. Non più semplici divisioni ma veri e propri manufatti, che assumono quasi una connotazione difensiva.

Nell’insieme dei campi, risultanti dalla parcellizzazione, colpisce in particolare il penultimo podere rispetto al limite territoriale di Altamura, posto a confine pure con il comune di Toritto.

Questo appezzamento, come già detto, non ha all’interno cumuli di pietra, perché il recinto di pietra tutt’intorno è un grosso paretone, un manufatto che è tipico dell’area salentina, realizzato generalmente per segnare il confine tra le giurisdizioni territoriali o come opera per la difesa dei limiti comunali.

I paretoni presenti sull’area hanno una diversa consistenza e spessori variabili. Quelli che si distendono secondo l’orientamento est-ovest, ovvero parallelamente alla linea di confine con il territorio di Altamura, hanno dimensioni che vanno da 2,80 a 5,40 metri circa. Gli altri, ossia quelli che si spiegano parallelamente al confine comunale di Toritto hanno, invece, uno spessore uniforme che oscilla tra i 2,50 e i 2,80 metri.

I paretoni più massicci, nel loro lungo snodarsi sui campi, si articolano in un sistema complesso attraverso scarti, tagli e rientri determinati dalle funzioni particolari che si legano alla struttura muraria, generando così dilatazioni e riduzioni dello spessore del manufatto.

Grandi pagliai per il ricovero, insieme a minuscole unità, forse postazioni per vedette in cui solo un individuo accovacciato riesce a trovare riparo, si innestano per gemmazione, fondendosi con la straordinaria struttura muraria. Sistemi di risalita collocati nei tagli prodotti sul manufatto permettono di raggiungere la quota più alta della struttura, mentre in una serie di rientri e scarti giustapposti trovano la loro ideale sistemazione alcuni arbusti.

Murgia della città
Organismo composto da tre pagliai, più una struttura squadrata

Di certo la visione di questi segni inconsueti di architettura rurale sorprende non poco: rappresentano uno spettacolo, una meraviglia. Tutto il pietrame di spurgo dei campi, a seconda della pezzatura, trova la sua giusta collocazione come concio, ciottolame, lastra, brecciame. Lo strato superficiale di copertura di questi paretoni è una sorta di tappeto di lastre squamiforme su cui, a seconda di posizione e orientamento, il pigmento e la fotosensibilità della roccia hanno prodotto un’alterazione di colore in sfumature di grigio, sempre cangianti sotto l’effetto della luce del sole, punteggiate dalle macchie, bianche, nere e gialle dei licheni.

Fusi con queste opere di divisione o isolati, quasi tutti gli appezzamenti hanno un pagliaio come ricovero. In alcuni vi è quello classico monocellulare, formato da un’unica unità cupoliforme, poggiante su una base circolare. In altri, in modo più diffuso, invece, è presente la tipologia bicellulare, costituita da due elementi fusi, dove però i due vani restano comunque separati. Infine, vi è una struttura piuttosto singolare, molto più articolata, composta da tre pagliai aggregati in modo da formare un unico organismo, tenuti insieme da uno spazio interstiziale strettissimo e scoperto, che viene anticipato da un’altra costruzione di forma squadrata, oramai priva della sua copertura.

Questa speciale costruzione occupa una posizione nell’appezzamento in cui si trova, anch’essa particolare, poiché è disposta in asse con il varco d’ingresso al campo, ricavato nel recinto murario. Il varco, a sua volta, è dimensionato ed allineato al paretone dell’appezzamento che si trova frontalmente.

Una disposizione ben architettata, probabilmente non del tutto casuale, anzi che lascia presupporre un’organizzazione ben precisa per il controllo e chissà, forse anche, per la difesa del confine comunale.

Non a caso nelle immediate vicinanze vi è la presenza di un altro elemento, insolito per il paesaggio bitontino, ovvero una specchia, anch’esso tipico manufatto della zona salentina, il cui nome probabilmente deriva dal latino specula che significa “luogo elevato da cui si può osservare intorno”. La sua realizzazione è associata spesso a quella dei paretoni.

Murgia della città
La specchia vista frontalmente

Se i paretoni svolgevano una specifica funzione di delimitazione territoriale, le specchie permettevano il controllo del territorio soprattutto in quei luoghi dove la macchia mediterranea era estesamente sviluppata, con alberi di alto fusto che impedivano un immediato avvistamento.

La specchia in questione, infatti, si trova nel campo adiacente a quello descritto, quello che sembra avere la conformazione di un avamposto di controllo. Non è un semplice cumulo di pietra come tanti altri, sia per la sua altezza sia per la manifattura stessa dell’opera, poiché le pietre non risultano semplicemente ammassate, ma giustapposte a formare una sorta di piramide tronca con una faccia del solido meno inclinata rispetto alle altre, per facilitarne in qualche modo la salita.

In ultimo, un altro punto nodale dell’area è rappresentato dalla confluenza dei tre confini comunali in un vertice segnato da una pietra confinaria, un cippo lapideo prismatico a base triangolare dove ogni faccia è rivolta verso il rispettivo territorio, su cui è riportata l’indicazione del comune con la data 1890. Anno forse in cui si è proceduto alla verifica e ricognizione dei confini comunali. Bisognerebbe appurare se il campo succitato antecedentemente a quella data segnava o meno il confine comunale.

Murgia della città
La pietra confinaria

Murgia della Città in sintesi raccoglie un interessante palinsesto di elementi di architettura rurale, da quelli più usuali a quelli insoliti e atipici per il territorio bitontino. Un paesaggio di pietra che rappresenta davvero l’identità di questa strategica terra di confine, dal quale attraverso i canali erosi è possibile cogliere la vista del mare, dove alla quotizzazione, con macere, muri a secco, cumuli, pagliai, altri segni si fondono, a creare un continuum, come il sistema di paretoni e la specchia, restituendo al luogo una connotazione veramente unica.

 

Queste opere, sapientemente inserite su quest’ultimo lembo di terra, obbediscono ad una precisa logica insediativa che sembra essere sottesa da altrettanto chiara organizzazione, ancora però tutta da indagare. Di certo manifestano dichiaratamente un’invenzione del paesaggio su quella parte di territorio.

Fortunatamente tutta l’area rientra nel perimetro del Parco Regionale dell’Alta Murgia, quindi, già sottoposta a un regime di tutela. Questo fa ben sperare che tali opere, patrimonio e testimonianza di quel luogo, rimangano lì, dove e come sono, pur senza la possibilità di un recupero. Oggigiorno, però, è già tanto poterle preservare, soprattutto da nuove e insensate trasformazioni che prevedono, in territori di questo tipo, la diffusa consuetudine di macinare i muri a secco.

Succede. È successo. Si macina, e via.

In copertina, paretone parallelo al confine altamurano