La memoria è tutto. Quando lo capiremo? Come può una comunità andare avanti senza la minima curiosità attorno a chi, semplicemente, c’è stato e ha vissuto prima di noi?
Non è un fatto di specificità o di studio ma di cura elementare attorno al tema del passato. Non siamo forse curiosi sulla storia della nostra famiglia? Chi erano i nostri bisnonni e tutti gli avi? Di cosa vivevano? Che caratteri avevano e quali professioni esercitavano? E allora, come non trasferire tutto ciò in una dimensione “appena appena” più allargata, che può essere quella della città o della nazione in cui si vive?
Non si tratta di andare in biblioteca o in libreria, cose “pesanti” e per addetti ai lavori. Parliamo solo di mettere in moto un basilare elemento di interesse. La storia agli storici, la curiosità al cittadino.
La premessa, desolante ma non disperata perché qualcosa sembra muoversi tra le nuove generazioni, appare utile per raccontare a dovere un evento assai interessante, in corso in questi giorni al torrione di Bitonto. “Il giorno dei morti per celebrare la vita”, momento di riflessione a cura dell’associazione messicana El Zottano e della gallery-atelier Casa Mexicana, giunto alla sua nona edizione. Un appuntamento a cura di Yanira Delgado Altamirano e Armand Soppi.
“In Messico la festività dei morti rappresenta una commemorazione in cui concorrono, in ugual misura, la tradizione precolombiana e la religione cattolica. La festa è tutta per i morti e le loro anime che tornano. L’incontro delle culture italiana e messicana, sull’argomento, è al centro della nostra iniziativa”, spiegano gli organizzatori.
Al torrione, dunque, una rassegna collettiva internazionale con più di novanta partecipanti, tra pittura, installazione, fotografia, performance, musica dal vivo e poesie.
Nel 2003 il Giorno dei morti celebrato in Messico è stato dichiarato dall’Unesco “capolavoro del patrimonio orale e immateriale dell’umanità”. Così, artisti e associazioni, ma anche singoli cittadini alle prese con il dovere eterno della memoria verso i propri cari scomparsi, hanno pensato e allestito altari del “dia de los muertos”, per celebrare la vita “ricordando il rito della morte”.
Per la sezione “pittura, fotografia e maschere”, davvero tanti gli artisti presenti: dall’altare in stile messicano “Dal Tlalocan al Tzompantli”, con installazione di Fernando Arellano e Andres Pedrero, fino alla collettiva di 28 teschi di carta pesta. Da citare, inoltre, i lavori di Maria Elena Rossiello, Miriam Pasculli e Catia Cavone. In mostra, poi, particolari “altari” dedicati a memorie specifiche.
Così il pubblico ha potuto riflettere con Maria Grazia Scarola (“Ovunque tu sia… Ti amiamo”), Mimì Girasole (“Verso te” sui defunti innamorati), Cecilia Mangini (installazione-altare “Il profumo del tempo”), Dulce Ramirez (animazione fotografica “Io Frida”), Giusy Patruno (pittura-installazione “L’anima della foglia”).
Un altare anche in memoria del caro Mario Moretti, scomparso recentemente, musicologo e traettiano convinto. Un ricordo a cura dei figli e di Nicola Abbondanza con il suo Cenacolo dei Poeti. Un angolo dedicato anche a Gianni Castellano, volato in cielo troppo presto, amabile musicista ed entusiasta attivista politico.
Personalmente ho curato una sezione in memoria di tre giornalisti caduti violentemente nell’esercizio del loro dovere professionale. La scelta, difficile, è andata a Giancarlo Siani, Beppe Alfano e Mariagrazia Cutuli, con un pensiero anche a Walter Tobagi, autore di un assai ispirato resoconto sul Corriere della Sera l’indomani dei funerali (gennaio 1980) delle vittime della strage di via Schievano a Milano, compiuta dalla vile mano brigatista, in cui perse la vita anche il giovane poliziotto bitontino Michele Tatulli. Un modo, dunque, per ricordare anche questo nostro sfortunato concittadino.
Giancarlo Siani è stato celebrato da Gigi Di Fiore, storico cronista del Mattino di Napoli, noto anche come storiografo e ricercatore, amico personale di Siani e suo coetaneo. Di Fiore ha scritto per l’evento un personale tratteggio della figura del giornalista. Giancarlo, ucciso a settembre del 1985, era un ragazzo volitivo e positivo: volto solare, sorriso aperto, propensione naturale al mestiere. Fu ucciso dal ramo più immediatamente vicino a Cosa Nostra della mafia campana.
Beppe Alfano, meno popolare forse di altri giornalisti scomparsi tragicamente, era corrispondente dal messinese per La Sicilia. Scoprì gli intrecci tra malaffare e mercato degli agrumi, in una zona sino ad allora ritenuta a torto slegata dal controllo tentacolare della mafia tradizionale. Niente di più falso. Alfano svelò l’intreccio, pagandone il prezzo più alto con la morte, nel 1993.
Maria Grazia Cutuli, infine, uccisa nel novembre del 2011 in Afghanistan per mano degli ultimi resistenti talebani dopo i bombardamenti Usa, di origine catanese era un’inviata di guerra del Corriere della Sera. La sua morte rappresentò per l’Italia il primo shock tra i tanti che ne seguirono, sino al caso dell’altro cronista Enzo Baldoni, trucidato in Irak, per non parlare dei tanti lutti tra i militari, culminati nella tristemente famosa strage di Nassiriya del 12 novembre 2003.
L’evento al torrione prevede, sino alla chiusura del 10 novembre, momenti con musica e performance dal vivo, tra danze e letture di poesie.
Esibizione del gruppo Flor de Jade, con artisti provenienti direttamente dal Messico, e poi spazi a cura del Progetto Venere (Giuseppe Campanale e Giuliano Solazzo), di Rosanna D’Abramo e Vito de Leo, della poetessa Carla Abbaticchio (il 4 novembre, alle 19), dell’associazione A.iM.A (“Il giorno dei morti per i cristiani”). Performance di finissage con le danze e i canti di “Resurrezione”, sempre a cura di A.iM.A.