Una generazione liberata dalla musica

È un mix di suoni, lingue e culture, il nuovo album della cantautrice brindisina, che con Generation torna sulla scena a due anni da Spleenless, il suo primo disco

Generation è l’album che segna il ritorno della cantautrice brindisina Alea, a due anni di distanza dal suo disco d’esordio, Spleenless (2016).

Si tratta di “un mix di suoni, lingue e culture” che Alea – nome d’arte di Alessandra Zuccaro – ha scritto e arrangiato insieme al trio lucano The Sit. Come chiarisce lo stesso titolo, al centro di questo lavoro c’è la Generazione Y, quella dei cosiddetti millennials, con tutte le difficoltà e le incertezze legate ai nostri tempi e alla ricerca di una propria identità. I temi trattati sono però diversi: l’apertura all’altro, la libertà di espressione, la solitudine e la conoscenza. La musica alla fine ne esce come grande consolatrice, in grado di unire nella libertà.

Anche da un punto di vista musicale la varietà non manca. Vediamo quindi mescolarsi anime differenti: jazz, rhythm & blues, soul, musica etnica, con piccole puntate anche in altri generi. Si tratta sicuramente di un disco molto diverso dal più malinconico Spleenless.

In Generation, Alea è insieme a The Sit: Aris Volpe alla batteria, Giuseppe Pignatelli al basso e Giuseppe Trivigno al pianoforte e tastiere.

La cantautrice brindisina ha anche fatto parte dell’Official Band per Casa Sanremo e può vantare la partecipazione a diversi contest italiani (che in alcuni casi ha pure vinto).

Nell’intervista che segue, le scelte musicali di Alea, spiegate ai lettori di Primo piano.

 

Come cantato nel brano Dadaism, la mente di Alea è quindi “sempre aperta ad ogni tipo di scoperta”?

Sicuramente Dadaism è il manifesto della nostra scelta musicale: nella versione integrale del brano che troverete nel disco – la versione radiofonica è stata tagliata per una questione di minutaggio – vi è un momento in cui recito il nostro vero e proprio manifesto dadaista della musica. Abbiamo deciso di sottolineare il desiderio di fare musica libera in quanto arte, anche a rischio di risultare poco radiofonici. Scegliamo di raccontare attraverso ritmo, musica e parole la nostra generazione, vista dai nostri occhi senza porci un limite, spiegando le nostre emozioni e ciò che proviamo attraverso l’incastro perfetto tra l’accordo che ci ha suscitato un brivido in un preciso momento di batteria e basso.

È così che abbiamo arrangiato il disco, ascoltando quello che provavamo suonando. A differenza di Spleenless, in Generation ogni brano è nato passo passo insieme ai meravigliosi The Sit, radicando sempre più un sound soul ed R&B che ha seguito la sua naturale evoluzione, guardando con occhio innamorato il jazz.

La frase da lei citata è il frutto della collaborazione con Big Simon – Simone Cammisa – un amico oltre che noto cantautore reggae lucano e coautore del brano, con il quale si è potuto sviluppare questo concetto di libertà essendo sulla stessa lunghezza d’onda. Le belle collaborazioni fatte in questo disco, come anche per il brano Joie, sono state per noi un modo per imparare dagli altri ed arricchirci, e siamo contenti di averlo fatto.

La copertina di questo disco è carica di simboli.

Non posso svelare tutti i simboli e i molteplici significati che Martin Caezza, il grafico che amo definire “poeta dell’immagine”, ha voluto comunicare attraverso questo suo lavoro. Posso dirvi che dietro c’è stato un attento ascolto dei nostri brani e uno studio dei testi e dei vari riferimenti, che lo ha portato a racchiudere in questa copertina la nostra Generazione Y, le scelte della vita, le ambizioni, i desideri, ciò che siamo realmente, la nostra natura, la libertà di scelta e la speranza. Ma è bello sapere che chi ascolterà il disco potrà dare la propria interpretazione di questa immagine.

Com’è nato Joie? Come siete riusciti a fondere tutte le anime che è possibile ascoltare in questo brano?

Grazie per questa domanda. Ho sempre guardato verso l’Africa per la musica, i ritmi, le voci, la voglia di vivere e sorridere, i paesaggi, i colori, la cultura e la storia. Ho due cari amici provenienti dal Senegal che mi hanno raccontato tanto della loro terra. L’ho vista e vissuta attraverso i loro occhi e spero di andarci, di poterla visitare un giorno.

Joie è un brano che è nato nella mia piccola stanza della musica, da sola, con la mia loopstation, creato così, solo per piacere personale in un momento di studio in casa. Solo in seguito abbiamo ritenuto opportuno inserirlo nel disco, in un periodo in cui sembra ritornare una strana forma di razzismo in tutti i paesi, di intolleranza, di condivisione social e poco umana. Abbiamo deciso di essere nudi e crudi per essere più comunicativi ed incisivi.

Tutto questo è avvenuto soprattutto grazie all’aiuto di Luigi Colella, un musicista percussionista salentino come me, che mi ha presentato il suo maestro e collaboratore Meissa Ndiaye. Entrambi hanno immediatamente accolto con entusiasmo la mia richiesta di collaborazione, apprezzando il fatto di aver deciso di voler lasciare solo voci e percussioni quasi come se fosse un originale brano africano. Ho imparato tantissimo grazie a loro due, ho conosciuto la realtà della loro bellissima associazione e ci siamo divertiti ed emozionati quando abbiamo registrato.
Volevamo solo ricordare che siamo semplicemente tutti esseri umani e qualunque sia la provenienza geografica, la lingua, qualunque siano le usanze o i colori, dovremmo solo apprezzare il regalo che tutti noi abbiamo ricevuto: la vita.

Cosa unisce Puglia e Lucania?

La Basilicata e la Puglia sono due regioni stupende, accoglienti, calde e ricche di creatività. Da non sottovalutare il fatto che da un lato abbiamo Matera, Capitale della Cultura 2019 con tutte le belle iniziative che stanno prendendo forma, dall’altro Puglia Sounds che da anni sostiene la musica e gli artisti del territorio e che – attraverso il bando Puglia Records 2018 – ha sostenuto il nostro progetto musicale.

Nel nostro caso però ciò che unisce queste due terre è la musica. La musica ha fatto incrociare la mia strada con quella di The Sit qualche anno fa. Ancora oggi la musica tiene vivida la nostra amicizia fraterna. Ma non dobbiamo dimenticare l’entrata in campo anche della Campania, con l’aiuto della nostra etichetta Arealive. Abbiamo creato una bella squadra.

Dove porterà il viaggio della Generazione Y?

La realtà è che noi ci poniamo tante domande e spesso non abbiamo le risposte. Di cosa vivrò? Sto percorrendo la strada giusta? Devo seguire i miei sogni e le mie aspirazioni o è il caso di ripiegare su altro che però sia più sicuro? E se poi me ne pento? Ma non sarò troppo grande ormai per provare a realizzare un sogno?

Poi però le risposte verranno da sé, nel tempo, andando avanti e lasciandosi andare. Se si sbaglia strada il navigatore farà il ricalcolo e troverà un’altra via. Come dico in Whisper: l’Attesa, vista come ansia del raggiungimento di un obiettivo, non dà il tempo di aspettare ciò che cerchi.
Se pensate a tutte le esperienze, alle nuove conoscenze, ai nuovi luoghi che si attraversano durante il cammino verso la meta, per un attimo vi potreste dimenticare delle difficoltà che ci sono per il raggiungimento, e godere solo del percorso. Questo mi tira su quando mi sento scoraggiata. Il lento rito del Tè puntando al sole.