La storia la sappiamo tutti. È quella di un papà che lascia il suo lavoro per dedicarsi completamente al figlio autistico. È stata raccontata in un libro, sui giornali, in trasmissioni televisive. Al di là dell’esposizione mediatica c’è, però, una visibilità reale e vissuta.
Li incontri spesso per strada, questo ragazzo, che è già un omone, e quest’omino che gli è accanto, che lo accompagna, lo segue. E non si comprende bene chi sia a condurre, dei due, e dov’è esattamente, cosa determina la grandezza di ciascuno dei due. Di certo c’è un’emozionante singolarità in questo rapporto padre-figlio. Che è poi ciò che attira lo sguardo.
Fai finta, magari, di non guardarli più di tanto, per non rischiare di trasformare il loro essere meravigliosamente speciali nella sensazione, da parte loro, di sentirsi invece fastidiosamente diversi. Rinunci ai facili giudizi per ristabilire una certa equità.
Quella che oggi andiamo a raccontare è l’esperienza scolastica di Giulio D’Aucelli, il figlio della nota storia cui abbiamo accennato, una vicenda senza dubbio insolita per il nostro Paese, perché accanto a lui, nelle aule dell’I.T.E.S “Vitale Giordano” di Bitonto, per cinque anni si è seduto, frequentando la scuola, anche suo padre Vincenzo.
Li incontro in un’aula da poco ritinteggiata dell’istituto, pronto a “ripopolarsi” per un nuovo anno scolastico.
È un incontro multiplo, con il ragazzo, il padre, la vicaria della scuola, alcuni docenti e compagni di classe. Con la scuola, insomma, intendendo con questo termine quell’alleanza educativa che punta al pieno sviluppo delle potenzialità cognitive e della personalità del discente. Qui il patto è portato alle estreme conseguenze e finisce per costituire sicuramente un caso rilevante.
Patto che Vincenzo stabilisce, al momento dell’iscrizione, con il preside Arcangelo Fornelli, la figura forse più importante e lungimirante della vicenda, perché è colui che ha interpretato un passaggio del quadro normativo vigente e ne ha esteso il senso, permettendo al papà di seguire suo figlio in classe. Di sedere accanto a lui, di contenerlo nei momenti di esuberanza e di incanalare la sua attenzione.
Il decreto legislativo 297/1994 sancisce, infatti, che i genitori possano provvedere “privatamente o direttamente all’istruzione dei propri figli” per assolvere all’obbligo scolastico. Di fronte alla richiesta del padre, il dirigente scolastico ha ritenuto che fosse giusto aprire la scuola a un genitore che chiedeva di stare accanto al figlio. Probabile che in questo caso abbiano giocato a favore anche le competenze di Vincenzo che, già in possesso di una laurea in Farmacia, ne aveva conseguita un’altra in Scienze della Formazione.
È stato sempre lui ad assumersi tutta la responsabilità, come sostiene la prof.ssa Anita Amoia, che pur impegnata tra orari, assegnazioni di docenti e tutto il turbinio che precede l’inizio delle attività scolastiche in ogni scuola, è riuscita ad essere presente e a contribuire a questo racconto.
“Al terzo anno, quando dovevamo assegnare i crediti scolastici -aggiunge la prof.ssa Amoia- si tentò di ottenere un’autorizzazione dall’Ufficio Scolastico Regionale che validasse lo status quo in vista degli esami di Stato, che Giulio ha sostenuto brillantemente nei primi giorni dello scorso luglio sempre con il papà accanto, pronto a smorzare slanci eccessivi di vivacità e a sollecitare la capacità attentiva”.
Sulla base delle verbalizzazioni delle sedute dei consigli di classe è stata così data la possibilità a Vincenzo di sedere accanto a Giulio durante tutte le prove di esame, al fine di consentire allo studente di svolgerle serenamente, senza alcuna discontinuità rispetto alle modalità con cui viveva il tempo trascorso a scuola.
Alla prof.ssa Amoia brillano gli occhi quando ricorda il preside Fornelli, oggi in pensione. “Ha sempre attuato nella scuola politiche inclusive per tutti -spiega- cercando di garantire un servizio scolastico volto a sanare e a colmare non solo le difficoltà ed i gap d’apprendimento, ma anche quelli economico-sociali”.
Sul territorio bitontino l’ITES “V. Giordano” è stata infatti la prima istituzione scolastica ad acquistare libri di testo da concedere in comodato d’uso gratuito a ragazzi meritevoli con disagi economici, al fine di consentire loro di proseguire negli studi fino al conseguimento del diploma.
La carriera scolastica di Giulio, il suo apprendimento, il suo rendimento, ci vengono raccontati da due insegnanti della classe, Teresa Perrini, docente di Italiano e Storia, e Francesco Pagone, professore di Economia aziendale. Entrambi ci tengono a sottolineare che a Giulio non “sono stati fatti sconti”.
A un primo momento di osservazione è seguita la progettazione di interventi finalizzati ad una inclusione reale e ad assicurargli un adeguato livello di benessere psicofisico. Giulio ha seguito tutte le lezioni, partecipando a molti lavori in gruppo, cercando, come spiegano i docenti, “di usare poco le strutture complesse, limitandosi alla paratassi e potendo contare su opportune forme di gratificazione, ciò che si è rivelato positivo per la crescita”.
Il papà, inizialmente estraneo al gruppo classe, ne è diventato progressivamente complice, un mediatore interno che ha fatto da filtro tra le esigenze didattiche degli insegnanti, gli studenti e Giulio. “Un compagno importante, che nel suo processo di integrazione ha finito per unire un’intera classe”, sostengono alcuni dei suoi compagni di scuola, Carlo Tedesco, Damaride Tarantino e Vanda Tassiello. Le due ragazze, in particolare, lo conoscono sin dalla primaria. A Damaride luccicano gli occhi. “Con lui la parola amicizia ha assunto un significato diverso. Siamo stati la sua spalla e mai ci siamo fatti coinvolgere negativamente. Alla diversità non ci abbiamo neanche pensato e suo padre è stato per noi un compagno doc”.
“Questi docenti, questi ragazzi – conclude Vincenzo D’Aucelli – sono stati dei veri eroi. La mia presenza, certamente, ha aiutato ma loro mi hanno stretto la mano e con uno sguardo, anche nei momenti di crisi, mi hanno aiutato a continuare. Sono degli eroi perché hanno fatto qualcosa fuori dalla norma. Nella scuola, in generale, non c’è altrettanta attenzione.”
Ed eccoci al termine del racconto. Mentre ascoltavo questi frammenti di vita, Giulio si è alzato dal banco ed è uscito dall’aula alcune volte. Senza clamore alcuno è poi tornato, prendendo posto accanto al padre. In una di queste sue sortite ho avuto timore per la mia reflex, sistemata sulla cattedra, e con un gesto repentino l’ho portata a me. I professori mi hanno guardato e ho subito capito di aver sbagliato. Eh sì, si chiama pregiudizio: ci sono caduto anch’io.
Questo ragazzo si farà. Ha anche le spalle larghe, a differenza del piccolo calciatore della canzone di De Gregori. Per lui il cammino continua, frequenterà a Bari la facoltà di Agraria. La sua famiglia ha progetti di vita sociale, un orto, alcuni animali. Vincenzo prenderà un treno ogni giorno ed entrerà per la terza volta nelle aule universitarie. Accanto al figlio, come sempre.