Ritratto con poesia di “interno” materano

Tursi, con le sue caratteristiche grotte nell'arenaria, è stata la musa ispiratrice di Albino Pierro, sublime cantore della civiltà lucana 

È ancora estate e i l pensiero meridiano è un sole che irradia le menti e provoca le coscienze e, se si accompagna alle alture e alle viste vertiginose dei piccoli centri del nostro Sud, ispira poesia. Magari, grazie a paesaggi come quelli segnati dalle grotte scavate nell’arenaria di Tursi, borgo in provincia di Matera e sede di Parchi letterari. Il circuito dei Parchi (www.parchiletterari.com) è uno dei sintomi più felici dell’Italia che funziona. Da nord a sud, dalla manzoniana Trezzo sull’Adda alla dannunziana Anversa degli Abruzzi fino alla Pico di Tommaso Landolfi, nel frusinate.

Tursi, estrema area materana, non lontana dai confini con la Calabria, è il paese di Albino Pierro, grande poeta del XX secolo. Nato in una famiglia di possidenti, Pierro, più volte proposto al nobel per la letteratura, è autentico cantore della civiltà lucana. “Il dialetto lucano di Tursi era letterariamente vergine quando avvertii il bisogno di adottarlo come mezzo espressivo della mia poesia”, ha detto, indicando nel 4 settembre 1959 il giorno esatto in cui decise di tornare in sogno alla terra delle sue origini.

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Un caratteristico scorcio di Tursi e della sua Rabatana

Nel 1960, anno della sua prima pubblicazione, il poeta definisce “terra del ricordo” il suo paese natio, in dolce intreccio tra perdita della madre in tenera età e ancestrale relazione con la terra stessa. Nei suoi versi si accenna spesso alla Rabatana, il quartiere dei poveri di Tursi, circondato da burroni e abitato intorno all’850 dai Saraceni che lo chiamarono come i loro villaggi arabi.

Le colline d’argilla su cui sorge Tursi. Foto di Enza Berardi

Fondato dai Goti su un rilievo, il paese è stato modellato in questo senso. Nel territorio esisteva già Anglona, vecchia sede vescovile, svettante con il suo venerato santuario mariano, attuale frazione di Tursi: da lì l’esodo verso la Rabatana, per poi ricrescere con Federico II. Anglona sorge sulle rovine della città greca di Pandosia, in una zona dove predominava anche la romana Grumentum. Tursi come sintesi della storia illustre del sud, insomma. Dominazioni e razzie, cultura e lasciti artistici. Persino un rapporto con i genovesi Doria, considerando che palazzo Doria-Tursi è il municipio di Genova.

Albino Pierro era visceralmente legato a Tursi, pur avendo vissuto a Roma. Docente di filosofia nei licei, ha fatto del dialetto la sua cifra stilistica. “Forse il bisogno di testimoniare meglio le mie origini più autentiche sarà stato ridestato dall’assenza, dalla distanza. Si trattò di recuperare un linguaggio che era appartenuto al mio passato e al passato della mia gente”, spiegava.

Dalla sua casa, per tutti gli abitanti ‘u paazze, visitabile e curata con dedizione dal discendente Franco Ottomano e da altri parenti, il panorama guarda verso il mare Jonio, con il convento di San Francesco, i baratri della Rabatana, che Pierro chiamava le jaramme, l’alveo del torrente Pescogrosso. Nel palazzo c’è la biblioteca del poeta con le sue opere originali, tradotte in 36 lingue. “Tursi, città di Albino Pierro”, dice con orgoglio la scritta all’ingresso. E così, se Pierro, scomparso nel 1995, ha fermato sulla carta le parlate della sua gente, oggi questo territorio, fiero, lo ricorda come esegeta e interprete della propria anima. A “lu paise”, al paese, sempre bisogna tornare.

Nell’immagine in alto, un ritratto di Albino Pierro con Tursi sullo sfondo