La Città dell’Utopia è uno spettacolo corale

Della comunità moderna e solidale voluta da Teodoro Rendina, Campomaggiore conserva intatto il fascino, che si rinnova nella grande kermesse di agosto

Sud e Lucania, quando la storia affascina e chiama viaggiatori e sempre più pubblico. Campomaggiore, potentino vicino al capoluogo e ben raggiungibile grazie alla strategica Basentana, è ormai noto ai più per quel che già la caratterizzò qualche secolo fa.

È ricordata infatti ancora oggi come la Città dell’Utopia per via di scelte politiche lungimiranti per l’epoca in cui furono immaginate: il XVIII secolo.

E torna anche questa estate, dopo l’enorme successo degli anni scorsi, “La Città dell’Utopia”, spettacolo divenuto uno degli attrattori di punta della Lucania estiva. Acrobazie, danze aeree, costumi di gran fascino: una vera esplosione di colori.

Lo spettacolo ha luogo a Campomaggiore vecchia, area abbandonata in seguito ad una frana nel 1885, oggi noto come “paese fantasma”. Regista è Gianpiero Francese.

“La trama narra di un soldato che, tornato da una guerra inutile, non trova più niente del suo paese perché tutto è stato distrutto da una terribile frana. Ma in una notte magica il protagonista incontra personaggi reali e fantastici che, tra visioni immaginifiche e teorie illuministiche, trasformano i suoi incubi nel sogno di una Città dell’Utopia”, si legge in un comunicato dell’amministrazione del piccolo comune.

Una veduta aerea di Campomaggiore

Quest’anno lo spettacolo, giunto alla nona edizione, si arricchisce di nuove installazioni tecnologiche. Tra gli attori: Riccardo Cascadan, Anna Masullo, Raffaele Castria, Vincenzo Failla, Raffaella Rubino, Erminio Truncellito. Ma cosa davvero distinse l’esperimento sociale avanzato di Campomaggiore?

Grazie all’intelligenza del suo “signore” al governo, Teodoro Rendina, uomo colto e illuminato, divenne una terra all’avanguardia, con pratiche di convivenza sociale innovative.

Una stazione ferroviaria, fontane con lavatoio, un cimitero moderno: con i conti Rendina sul poggio più alto a controllare dal loro Casino della Contessa che tutto andasse bene, ecco che Campomaggiore cresceva sempre più. Senza poveri o poverissimi. Teodoro, studi e formazione in Toscana e di casa a corte a Napoli, sposa in prime nozze, nel 1788, Eleonora De Lerma, discendente di un casato bitontino. Un lignaggio di cui proprio nella citata Albano è facile ancora oggi ritrovare le tracce. Furono anche duchi di Castelmezzano. Era figlio di Teresa Sylos, pure bitontina.

Ma dopo un secolo e passaggi di consegne tra famiglie, in un nulla, quella Campomaggiore che era stata grande crollò.

Il pericolo di frana, avvertito per tempo, di cui si è detto. E così, dal febbraio del 1885, Campo vecchia, costruita a valle, è completamente abbandonata e disabitata, meta del quotidiano pellegrinaggio delle greggi ma anche dei turisti e degli appassionati in cerca dei lasciti di questo meraviglioso “paese fantasma”, erede di un’immaginifica utopia. Mentre Teodoro, il padre di tutto questo, era già morto nel 1833.

Ecco oggi i resti del bellissimo palazzo baronale e della chiesa di Santa Maria del Carmelo. Qui venne a lavorare anche un diretto allievo del Vanvitelli, Giovanni Patturelli, conosciuto da Teodoro durante i suoi prestigiosi studi. Acquisiamo molte di queste notizie da uno studio di Giuseppe Damone, “Lettura storico critica di una ghost town. Il progetto utopico di Campomaggiore”. Ulivi, viti, grano importato e migliorie al sistema dell’allevamento: ecco che Teodoro Rendina appare ai nostri occhi quasi come un precursore delle teorie di Fourier e Owen.

A Campomaggiore ogni contadino ha diritto a lotti ben precisi, con casa e legname da tagliare e l’obbligo di creare e coltivare nuove piante da frutto. Una politica sociale che oggi è diventata un atteso e partecipato spettacolo.

Nella foto in alto, i ruderi della città vecchia di Campomaggiore