“Nostra signora del romanico”

Con la scomparsa di Pina Belli D'Elia, la Puglia perde una delle figure più carismatiche tra gli studiosi d'arte medievale della regione

Ma avranno poi un odore le cattedrali? Pietre e passioni, un passato che è stato grande, importante. E c’era una signora che di quelle pietre e di quel passato sapeva tutto. Una signora della bellezza. La nostra signora del romanico: Pina Belli D’Elia, volata via a 84 anni nei giorni del caldo vento d’estate.

Una vita con l’odore delle pietre nel cuore. È ormai qualche giorno che la grande studiosa e docente di Storia dell’arte medievale ci ha lasciato. Un portato dolce e imperioso. La felicità del sapere. L’attaccamento spasmodico a tutto quello che raccontasse l’ingegno estetico di una terra setacciata fino a quella stanchezza che in realtà non arrivava mai. Impossibile riassumere in poche righe, per un attimo fuor d’emozione, il portato e la signorilità di questa donna.

Ieri le esequie nella Basilica di San Nicola, a Bari, pochissimi giorni dopo la visita di papa Francesco. Una chiesa che la Belli D’Elia conosceva alla perfezione e che aveva più volte studiato. E così la cattedrale di San Sabino. E così tante, tantissime altre strutture di storia, arte e pietà religiosa. Una pietà anche umile, semplice, come quella delle chiese rupestri e rurali di Puglia e Lucania, così dettagliatamente approfondite.

Di Bitonto la studiosa ammirava in particolare San Valentino, con le sue suggestive cupole in asse. Bitonto, città davvero amata. Rapporti coltivati e mai interrotti con Antonio Castellano, Stefano Milillo, Nicola Pice. Ma la scomparsa di una donna talmente carismatica ed eccezionale, se addolora, poi fortifica, nella convinzione del patrimonio enorme da lei consegnato ai posteri. Le nostre note vagano attorno ai ricordi e qui non vogliamo tracciare un profilo biografico, da altri già meglio di noi rassegnato ai lettori.

Siamo però sicuri di una cosa. Tantissimo di quel che sappiamo del medioevo artistico e architettonico del Sud e della Puglia lo dobbiamo a questa milanese innamorata della nostra terra e del suo Michele. Formidabile coppia, c’è poco da dire.

Un’istantanea di pochi anni fa. Visita guidata all’abbazia di Ognissanti di Cuti a Valenzano. I due che, tenerissimi, raccontano il loro lontano e giovane conoscersi, amarsi, con l’arte e la storia a suggellare questo incontro meraviglioso. Michele, storico dell’arte capace di datare ad occhio un’opera, di attribuirla a qualcuno. E così di farla amare. Michele l’esperto di restauro. E Pina, l’amica delle cattedrali bagnate alla luce del sole del Sud, delle testimonianze di un passato da recuperare sempre.

Michele e Pina. Due giganti che mancheranno agli studi della storia di Puglia per chissà quanto tempo ancora. In questo momento il nostro pensiero (perdonate il resoconto diretto) va a chi ci ha dato il privilegio, molti anni fa, di poter conoscere da vicino Michele e Pina Belli D’Elia: il nostro caro Antonio Castellano, legatissimo ai due. Meno che ventenne, ti mettevi a far domande, avvinto dalle curiosità. E poi con loro non potevi fare che una cosa. Ascoltarli.

Michele e Pina hanno terminato l’impegno terreno. Ora, si creda o non si creda, si sia coscienti del fatto che quattro occhi eternamente innamorati dell’arte e della verità attorno alla bellezza saranno per sempre lì a giudicare, a tempestarci di bacchettate quando dimenticheremo gli spiragli stessi di quella bellezza, che è così necessaria al mondo, a questo poi. Perché non si dimentica tanto la bellezza, che quando serve a noi (gradisce una foto effetto cartolina?) andiamo anzi a recuperare con quel borghese spirito del bozzetto che fa un po’ scena chic.

No, quel che dimentichiamo è l’attenzione attorno alla bellezza. La salvaguardia. La costanza. La cura. Quella cura aveva due angeli custodi in terra e mancheranno, ah se mancheranno. Se ne sia noi degni. Noi, già contenti di rapporti così fondanti. Ecco. Facciamo di Michele e Pina D’Elia due esempi vivi. Sono andati a riposarsi, com’era giusto che fosse. Hanno fatto tanto. Ora tocca a chi resta inverare quel messaggio d’amore. Cominciamo da subito. Se ora non ci è più concesso ascoltare loro, ascoltiamo le pietre, le tele, le cattedrali. Forse anch’esse al momento piangono, per ricoscenza. Ma il domani è scolpito nella pietra stessa che non conosce tempo.

In alto, una foto della prof.ssa Pina Belli D’Elia