I Giocattoli sono solo al loro disco di esordio ma, grazie a brani immediati e orecchiabili, si stanno ritagliando uno spazio di rilievo nelle radio italiane, oltre che su YouTube e Spotify.
Il primo album della band, Machepretendi, può già contare, infatti, tre singoli. Al brano Bill Murray, che li ha lanciati e che vede nel videoclip la presenza di Carlotta Vagnoli, sono seguiti Ailoviù e l’estiva Astronauta.
E se Bill Murray esprime l’aspetto romantico della band palermitana, Ailoviù sembra invece mostrare l’assoluta attualità di questo esordio, coi riferimenti generazionali a Trump e all’Erasmus.
Il pop dei Giocattoli può sembrare “plasticoso” ma viene temperato dall’elettronica e, talvolta, anche da una punta di rock. Non sembra un caso che per la produzione di questo debutto si siano avvalsi di Enrico “Carota” Roberto della indie band Lo Stato Sociale e di Nicola “Hyppo” Roda dei Keaton.
I Giocattoli sono nati dall’incontro tra i videomaker Duilio Scalici (voce, basso) e Ernesto Mormile (batteria), giungendo alla formazione definitiva nel 2017, con l’arrivo di Chiara Di Trapani (voce, cori e synth) e Davide Casciolo (chitarre). Duilio Scalici è anche autore dei testi e regista dei videoclip dei tre singoli.
Primo piano ha intervistato la band, in queste settimane in tour in tutta Italia, con un concerto da fissarsi nel mese di settembre presso il Blacksmith Pub di Crispiano (Taranto).
Quanto questo vostro esordio riflette le storie della generazione alla quale appartenete?
L’album è stato scritto in questo preciso periodo storico. E se le canzoni sono “una stanza”, ciò che avviene attorno ad esse quando vengono scritte diventa volontariamente o involontariamente un addobbo, un ornamento. Siamo giovani e viviamo le ansie di questa generazione. Notiamo che anche i nostri ascoltatori si ritrovano nelle nostre storie. Sopratutto in quelle più romantiche.
La cover del disco vede un pargolo con la sigaretta in bocca. Ai bambini non dovrebbe essere proibito di fumare?
La foto è di Duilio, la nostra voce maschile. L’idea era appunto di creare un artwork provocatorio e metaforico al tempo stesso, mostrando in realtà tutto ciò che vorremmo non accadesse mai, ma ogni giorno uccidiamo il nostro “fanciullino” interiore già soltanto con il desiderio di essere/diventare grandi.
Come nascono le sonorità di questo disco?
Sicuramente il nostro sound primordiale è “giocattoloso”, come lo chiamiamo noi, di per sé. Ma non ci siamo messi a studiare più di tanto quale dovesse essere il sound del disco. Il disco ci rispecchia e basta. Noi siamo tutto questo: indie, pop, rock e altro ancora. Sicuramente ci saranno un po’ di evoluzioni: abbiamo già scritto altri brani e qualcosa certamente è cambiato.
I Giocattoli sono romantici?
Sì, sono bambini che giocano con la musica. Che si stupiscono ancora per tante cose sempre come “se fosse la prima volta”. I Giocattoli sono dei sognatori romantici fino al midollo.
Ma che pretendono i Giocattoli?
Non pretendiamo nulla; vogliamo solo essere noi stessi e dare sempre il nostro meglio, sperando di non svegliarci mai da questo piccolo sogno che stiamo vivendo.