Sospeso tra un passato che non torna più, un presente non certo scevro di soddisfazioni e un futuro gravido di incognite. Si può tratteggiare in questi termini una descrizione sufficientemente fedele del nosocomio bitontino. Del nostro ospedale. Di quello che un tempo era un autentico polo di riferimento per l’assistenza sanitaria in tutta la provincia barese e che, oggi, si è trasformato in un Presidio Territoriale di Assistenza.
Comprendiamoci subito. Non state per leggere l’ennesimo grido di dolore per il progressivo e inarrestabile depauperamento di risorse (umane e strumentali) e di servizi, cui è andata incontro la struttura cittadina nel corso degli ultimi quindici anni. Al riguardo, purtroppo, i fatti sono tristemente noti, e ciascuno nel tribunale insindacabile della propria coscienza avrà già emesso la propria sentenza di condanna nei confronti di questo esponente politico o di quel direttore generale o sanitario. Il compito di un’informazione matura e veramente degna di questo nome è, invece, quello di non limitarsi ad arricchire il già voluminoso “Libro delle lamentazioni” (prendendo, forse indebitamente, in prestito il titolo di uno dei più struggenti ed emotivi libri dell’Antico Testamento), bensì di approfondire con attenzione la reale fattezza della situazione presente, nell’intento di provare a disegnare percorsi futuri di evoluzione e miglioramento.
E in questa “sfida” abbiamo scelto di farci accompagnare, nelle vesti di un Virgilio in camice bianco, dal dott. Franco Scauro, indiscutibilmente tra i maggiori conoscitori (non soltanto per ragioni squisitamente professionali ma anche di impegno politico) della storia dell’ospedale bitontino e, da un anno all’incirca, chiamato a ricoprire il delicato ruolo di direttore responsabile del Presidio Territoriale di Assistenza.
“Già dal 2003 avevo compreso – esordisce Scauro – il percorso che Bitonto poteva e doveva percorrere, nell’ambito del complessivo programma di riorganizzazione e ridefinizione del pacchetto sanitario e assistenziale regionale, in vista di una definitiva affermazione del nosocomio cittadino quale efficiente cerniera di collegamento tra l’ospedale ed il territorio. Certo, numerosi sono stati gli errori imputabili alla politica pugliese, troppo spesso abbagliata da facili e comode promesse elettorali che non si è stati in grado assolutamente di mantenere. Ad ogni buon conto, mi sono rimboccato le maniche e, di concerto ed in sinergia con il sindaco Abbaticchio e con il consigliere regionale Damascelli, mi sono impegnato per ottenere un consolidamento e potenziamento del servizio di assistenza territoriale assicurato dalla struttura bitontina, nel desiderio di far fronte alle basilari esigenze della popolazione e garantire prestazioni sanitarie di qualità”.
“La situazione attuale – continua il direttore – è quella di un presidio che, sia pure in mezzo a mille difficoltà e tentennamenti, risulta in grado di prendersi cura di circa il 60% delle patologie che si registrano nella collettività, interfacciandosi con ospedali maggiormente organizzati dal punto di vista strumentale e professionale per la risoluzione dei casi più complessi. Molto ancora resta da fare per realizzare a Bitonto l’idea di Presidio Territoriale di Assistenza di terzo livello o di Casa della Salute, letta in passato nella programmazione gestionale dell’Asl Bari, ma il contingente punto di partenza non è assolutamente da denigrare o criticare a scatola chiusa, potendo invece rappresentare il trampolino per la realizzazione di nuove potenzialità”.
Per trarre conferma di questo quadro di riferimento, abbiamo deciso di lasciarci guidare dai numeri, scoprendo (con il giusto mix di sorpresa e soddisfazione) come il bacino di prestazioni erogato dal presidio bitontino sia tutt’altro che limitato, raggiungendo livelli di assoluto rispetto in termini di assistenza della popolazione bitontina: basti pensare, infatti, come nel corso del 2017 il presidio cittadino abbia erogato ben 4.591 interventi di chirurgia generale (in media ben oltre 10 al giorno) e 5.204 visite ambulatoriali cardiologiche, senza dimenticare i 9.201 esami di radiologia diagnostica e le 4.337 prestazioni geriatriche (nella consapevolezza che la fascia più adulta della collettività rappresenta quella più bisognosa di assistenza sul territorio).
Le indagini compiute dal laboratorio di analisi, nel corso dell’anno passato, arrivano alla soglia significativa di 401.125, ed il quadro è completato dall’attività e dall’impegno dei vari ambulatori di specialità: dermosifilopatia (1.367 prestazioni), endocrinologia (2.300 visite), neurologia (1.036 prestazioni), oculistica (2.671 controlli), ortopedia e traumatologia (2.917 visite), ostetricia e ginecologia (3.180 prestazioni), otorinolaringoiatria (2.266 controlli), pneumologia (2.392 visite), urologia (2.243 accessi), reumatologia (643 prestazioni), pediatria (1.887 visite), allergologia (570 prestazioni), medicina interna (222 accessi) e diabetologia (2.393 visite). Con il presidio bitontino che è responsabile anche degli interventi erogati dal poliambulatorio di Palo del Colle.
Sono cifre tutt’altro che secondarie, che testimoniano come (al di là di tanti annunci funebri proclamati negli scorsi anni) la struttura bitontina continui a vivere ed operare, cercando di soddisfare il maggior numero delle richieste di assistenza. E questo anche grazie alla disponibilità di due sale operatorie (una perfettamente funzionante e attiva tutti i giorni, dal lunedì al venerdì, e l’altra in attesa di essere completata con il necessario kit strumentale), di ambienti della diagnostica radiologica completamente ristrutturati e riqualificati, di un centro prelievi ubicato in locali finalmente all’altezza.
Le zone d’ombra, tuttavia, non mancano. “Le maggiori criticità – confessa Scauro – si riscontrano oggi in riferimento al laboratorio di analisi, costretto a svolgere i propri servizi in ambienti inadeguati e non certo confortevoli per l’utenza. Come pure, occorre al più presto riqualificare gli spazi della vecchia medicina, nei quali ritengo si possa allocare una vera piastra chirurgica dotata di tutti gli ambulatori di disciplina, di un’unica accettazione e di un interscambio immediato e diretto con le sale operatore, e ripensare i servizi di riabilitazione, che non possono continuare ad essere forniti presso la struttura del “Maria Cristina”, nel contesto di una situazione bollente ed esplosiva, anche per la commistione con le esigenze dei migranti oggi ospitati dall’ex Istituto”.
Un capitolo a parte merita il Punto di primo intervento. “Il governo regionale ha deciso di chiudere i Punti di primo intervento che non raggiungono i seimila accessi l’anno -prosegue il dott. Scauro – introducendo al loro posto postazioni del 118 fisse per le città con maggiore utenza e mobili per le altre. Tra questi punti in via di dismissione dovrebbe rientrare anche Bitonto, e questo rischia seriamente di arrecare sensibili pregiudizi alla nostra popolazione in termini di cura delle emergenze. Soprattutto nella misura in cui stenta a decollare il progetto di una rete organizzativa dei medici di famiglia, quale strumento operativo a cui i cittadini dovranno rivolgersi per ottenere un’assistenza pronta e qualificata in caso di urgenza”.
Ma la definitiva riqualificazione della struttura assistenziale bitontina dovrà inevitabilmente passare da un potenziamento del personale, visto che gli ambulatori di specialità sono tutti in drammatica carenza di figure professionali (soprattutto dopo che nelle ultime settimane è andato via il pneumologo e si è drasticamente e significativamente ridotta la presenza dell’urologo) e la sala operatoria non è in grado di incrementare le prestazioni erogate poiché si può contare sull’operato di un solo anestesista.
Ecco, la vera svolta non può che passare da una seria e mirata iniziativa della politica regionale e del management aziendale dell’Asl Bari, finalizzata a favorire e stimolare l’arrivo di medici, infermieri e operatori sanitari nel presidio bitontino. Allora sì davvero che le “lamentazioni” del recente passato potranno trasformarsi in germogli di speranza.