“OMG!” (Oh my God!) direbbe un inglese, venendo a conoscenza degli OGM, acronimo che, in questo caso, sta per Organismi geneticamente modificati. Come si conciliano i progressi delle biotecnologie in un paese come l’Italia, che brilla per la naturale biodiversità delle specie vegetali?
La tecnologia degli OGM è nata tra gli anni ’70 e ’80 ed è stata subito avversata dai sostenitori della controparte BIO o biologica, la cui origine risale agli anni ’50, dando inizio ad uno scontro che persiste ancora oggi e che ha portato, nel corso degli anni, alla nascita di veri e propri movimenti anti-OGM.
Tra gli organismi transgenici, quelli più noti e presenti nel mercato sono: il pomodoro transgenico, le cui principali caratteristiche sono dimensioni maggiori e conservazione più lunga, il mais bt, molto più produttivo rispetto all’omologo “naturale”, grazie alla capacità di uccidere le larve di lepidotteri e resistere agli erbicidi, e la soia transgenica, arricchita di acidi grassi insaturi per risolvere molte patologie cardiovascolari (trombosi, arteriosclerosi, ecc.), patologie che colpiscono gran parte della popolazione adulta dei paesi sviluppati.
Abbastanza diffusa e contestata è la soia rr, resistente agli erbicidi. Ma mangiare gli OGM fa davvero male? Certo, una larga fetta dell’opinione pubblica resta ancora diffidente verso il consumo di organismi geneticamente modificati. A tal proposito, uno studio made in Italy, con protagonista la Scuola Superiore sant’Anna di Pisa, i cui ricercatori hanno confrontato varietà transgeniche di mais con le corrispondenti non transgeniche, coltivate nelle stesse condizioni, in modo che le differenze emerse fossero attribuibili alle sole modificazioni genetiche.
I risultati hanno confermato che il mais transgenico, rispetto a quello non OGM, ha una resa produttiva maggiore (dal 5,6 al 24,5 percento in più) e che la granella di mais ha una concentrazione di micotossine, che hanno effetti cancerogeni per l’uomo e gli animali, inferiore del 30 percento. La minore presenza di micotossine si spiega col fatto che le varietà geneticamente modificate sono meno danneggiate dagli insetti, i quali possono rappresentare veicoli per agenti patogeni di diverso tipo o funghi.
La varietà transgenica non ha, dunque, nulla a che vedere con la tossicità. Ma i medici non si esprimono a riguardo: non è detto che le varietà transgeniche siano migliori di quelle tradizionali o che facciano bene alla salute. Basti pensare che la creazione di piante OGM resistenti agli erbicidi, cioè quelle che non muoiono quando l’agricoltore sparge sul campo il glifosato, cioè il veleno più usato al mondo contro le erbe infestanti, ha fatto temere molto per la nostra salute.
Oggigiorno si continua a investire parecchio sulla ricerca genetica vegetale solo per aumentare le rese agricole, ottenendo ottimi risultati: basti pensare alla creazione di piante (come soia, mais, cotone, patata e melanzana) resistenti agli insetti e che contengono geni provenienti dal batterio del suolo Bacillus thuringensis, producendo proteine mortali per alcuni parassiti che normalmente attaccano queste piante.
In pratica le piante OGM Bt, dal nome del batterio, si producono l’insetticida da sole e così gli agricoltori possono diminuire l’uso dei pesticidi. Analogamente, ci sono altre piante più o meno ricche di qualche sostanza, come la soia ricca di acido oleico, un grasso vegetale insaturo “buono” che aiuta a controllare i livelli di colesterolo ”cattivo” (LDL), o la patata a basso contenuto di acrilammide,una sostanza cancerogena e tossica che si libera friggendo ad alta temperatura gli alimenti ricchi di carboidrati come le patate.
E’ anche vero che sarebbe il caso di investire di più nella selezione di piante richiedenti meno acqua o meno pesticidi chimici o che contengano più vitamine e antiossidanti. Sono diverse le sperimentazioni che si stanno conducendo su piante modificate geneticamente attraverso tecniche di “correzione” del DNA molto avanzate, come la CRISPR-Cas9, attraverso cui si apportano modificazioni direttamente al patrimonio genetico del vegetale come farebbe la natura con una mutazione spontanea.
Sarebbe sicuramente utile continuare a investire in questo campo, visto che la ricerca fa passi da gigante in questa direzione. Va anche considerato che, come per i farmaci, anche per gli alimenti OGM esistono agenzie internazionali che ne autorizzano la diffusione, valutandoli sulla base dei dati scientifici a disposizione.
E nel futuro i banconi dei nostri mercati potrebbero essere popolati prevalentemente da pomodori geneticamente modificati piuttosto che da zucchine o altre varietà transgeniche.