New economy pugliese? Al centro c’è la canapa

Uno studio della Coldiretti regionale fa il punto sui mille usi della pianta più versatile, che grazie alle nuove tecnologie entra nella vita quotidiana delle famiglie

886
0
CONDIVIDI

Boom della canapa in Puglia, grazie anche alla legge regionale del 14 gennaio 2017 che ha favorito il moltiplicarsi di terreni e produzione, oltre a idee innovative nella trasformazione della ‘pianta’ dai mille usi: dalla birra alla ricotta agli ecomattoni isolanti, dall’olio antinfiammatorio alle bioplastiche, fino ai semi, fiori per tisane, pasta, taralli, biscotti e cosmetici e ancora vernici, saponi, cere, detersivi, carta o imballaggi, oltre al pellet di canapa per il riscaldamento che assicura una combustione pulita.

È quanto emerge dallo studio Coldiretti “La new canapa economy” presentato al Seeds&chips 2018 di Milano, nell’ambito di Milano Congressi, dove è stata allestita una mostra sui mille usi della pianta più versatile dell’agricoltura italiana, che grazie alle nuove tecnologie entra in tanti modi diversi nella vita quotidiana della famiglie.

“E’ una opportunità che i nostri agricoltori non possono perdere – affema il presidente di Coldiretti Puglia, Gianni Cantele – e che si è sviluppata principalmente nelle province di Bari e Taranto, rappresentando una svolta soprattutto nelle aree violate dai disastri ambientali come Brindisi e Taranto”.

Territori che possono diventare il distretto della canapa del sud, dove le imprese hanno il divieto di coltivazione di prodotti agroalimentari, per le emergenze ambientali causate, per esempio, dalla centrale termoelettrica di Cerano, a Brindisi, e dall’Ilva a Taranto. Dalle attività sulla canapa e, in particolare dalla selezione di nuove varietà, stanno emergendo applicazioni in campo alimentare, cosmetico e nutraceutico che verosimilmente offriranno nuove possibilità di sviluppo di impresa e l’assunzione di nuovo personale. La canapa può essere coltivata senza alcun impiego di diserbanti e insetticidi, ha minime esigenze di fertilizzanti e lascia nel terreno una buona dotazione di sostanza organica, rappresentata da una gran parte dell’apparato fogliare, oltre all’abbondante e profondo apparato radicale. Ha spiegato Cantele.

L’affermarsi di stili di vita più ecologici ha favorito, sottolinea Coldiretti, la diffusione della canapa, particolarmente versatile negli impieghi ma anche a basso impatto ambientale dal punto di vista colturale, contribuendo alla riduzione del consumo dei suoli e della desertificazione e alla conservazione della biodiversità.

“Il seme di canapa e gli alimenti derivati contengono, infatti, proteine – aggiunge Angelo Corsetti, direttore Coldiretti Puglia – che comprendono tutti gli aminoacidi essenziali, in proporzione ottimale e in forma facilmente digeribile. Dalla canapa si ricavano inoltre tessuti naturali ottimi sia per l’abbigliamento, poiché tengono fresco d’estate e caldo d’inverno, sia per l’arredamento, grazie alla grande resistenza di questo tipo di fibra. Le colture che seguono la canapa rispondono positivamente, producendo sensibilmente di più. In alcuni casi il grano rende anche il 20 per cento in più rispetto ad una tradizionale rotazione con altre graminacee o bietola. I venti anni dedicati quasi esclusivamente a studiare questa pianta hanno consentito all’Italia di collezionare un catalogo di canapa selvatica e non, con più di 300 tipi diversi”.

Si tratta in realtà, rileva la Coldiretti, di un ritorno per una coltivazione che fino agli anni ‘40 era più che familiare in Italia, tanto che il Belpaese con quasi 100mila ettari era il secondo maggior produttore di canapa al mondo, dietro soltanto all’Unione Sovietica. Il declino è arrivato per la progressiva industrializzazione e l’avvento del “boom economico” che ha imposto sul mercato le fibre sintetiche, ma anche dalla campagna internazionale contro gli stupefacenti che ha gettato un ombra su questa pianta.

ll governo italiano nel 1961 sottoscriveva una convenzione internazionale, la Convenzione Unica sulle Sostanze Stupefacenti (seguita da quelle del 1971 e del 1988), con cui la canapa sarebbe dovuta sparire dal mondo entro 25 anni dalla sua entrata in vigore.

Nel 1975 viene varata la “legge Cossiga” contro gli stupefacenti, e negli anni successivi gli ultimi ettari coltivati a canapa scompaiono. Il boom della coltivazione della canapa è un’ottima dimostrazione della capacità delle imprese agricole di scoprire e sperimentare nuove frontiere e soddisfare i crescenti bisogni dei nuovi consumatori. Che proprio da queste esperienze di green economy si moltiplicano opportunità di lavoro nelle campagne, che possono contribuire alla crescita sostenibile e alla ripresa economica e occupazionale del Paese.

Un impulso ulteriore, sul filo della trasgressione, è arrivato dalla “nuova frontiera” della “cannabis light, con la coltivazione e vendita di piante, fiori e semi a basso contenuto di principio psicotropo (THC), che potrebbe sviluppare un giro d’affari potenziale stimato in oltre 40 milioni di euro.