È diventata virale sul web, nei giorni scorsi, la sfida a colpi di tweet tra il leader leghista, Matteo Salvini, e l’ex presidente della camera, Laura Boldrini.
Che la politica non sia propriamente, salvo rarissime eccezioni, un’attività in linea con limpidezza d’animo o filosofico ingegno, lo si era capito già dagli albori della storia. C’è però un limite a tutto.
Ciò che succede oggi, nell’era della tecnocrazia e dei social, ha un alone di inverosimiglianza. Esattamente come per il teatro, si assiste a riproduzioni farsesche della realtà. Si pensi ad Aristofane, commediografo che ha più volte messo alla berlina eventi o personaggi.
Lo stesso fece, nel XVIII secolo, il sagace Goldoni “rovesciando” la società veneziana. Oggi la scena teatrale sembra dettata direttamente dall’agenda e dagli stessi tempi e modi della politica, con le differenze imposte dalle epoche. Il simpatico (per così dire) tweet da cui siamo partiti, così come altri, lascia esterrefatto chi crede ancora in una politica vera e non mascherata (vedremo in che senso parliamo di maschera).
L’era della tecnologia e della ricerca di consenso attraverso i social, in effetti, non ha plasmato solo le menti dei giovani rampolli, ma, diremmo, rischia di offuscare anche la capacità di giudizio di personalità “autorevoli”, punti di riferimento per gran parte dei cittadini.
Salvini e Boldrini (ma non solo loro), con questa guerra via tweet, hanno dato prova di tutto il loro “talento” teatrale: si sono tolti le maschere quotidiane di autorevoli guide o capipolo, a seconda dei punti di vista, indossandone altre di simpaticoni o, addirittura, di showman.
Il tweet, seppur datato allo scorso mese (il “bye-bye” di Salvini alla Boldrini, e la pronta risposta di quest’ultima sulla “perdita di tempo” di quel bye-bye, che rischiava di far perdere a Matteo la poltrona tanto agognata di presidente del senato, anche se poi le cose sono andate diversamente) è una prova lampante della “idiozia” politica sul web.
E di tweet del genere se ne leggono a bizzeffe.
La disputa virtuale dei due “piccioncini da baraccone” richiama alla memoria una scena della “Locandiera” di Goldoni: il duello amoroso tra il Marchese di Forlipopoli e il Conte di Ripafratta. Goldoni ha un intento pedagogico e, a tratti, eversivo: eliminare la casta e valorizzare i più deboli.
Differentemente dal Marchese e dal Conte, Matteo e Laura non hanno altro fine se non quello di declinare, ancora una volta, una politica ai confini dell’infantilismo.
A conclusione del suo tweet di risposta, la “nobile decaduta”, l’ex presidente del senato, (anche il Conte era un nobile decaduto, ma con un proprio codice etico da tutelare) scrive a Salvini, citando Lucio Battisti, “Ancora tu?”, ponendo fine alla sua parte sulla scena.
Povero Lucio! Che male ha fatto per ritrovarsi nel bel mezzo di questa disfida? Il livello della politica, insomma, non è certo alto.
Un semplice messaggio d’addio può nascondere le più assurde stranezze, esercitate da chi dovrebbe garantire serietà e dedizione e, invece, cinguetta sul web. La politica non si può fare sul palco né tantomeno, in maniera risibile, sul web.
Dovrebbe essere animata, osiamo sperare, da gente seria per non dire altruista.
“Il dubbio è pericoloso, la certezza è ridicola. Solo gli imbecilli sono sicuri di ciò che dicono”, affermò non a torto Voltaire. Così, oltre la morte, l’altra certezza è di essere circondati da “imbecilli”, nel senso proprio caro al filosofo francese.
Come disse Umberto Eco, i social hanno dato diritto di parola proprio a costoro, agli imbecilli.
Facciamo attenzione, dunque, perché certa politica, in realtà, sembra averlo capito alla perfezione. Traendone, non di rado, giovamento per se stessa.