Quando il cancello si richiude alle mie spalle riesco ancora a sentire lo sfrecciare delle poche auto in corsa sulla provinciale. Superato il piccolo centro abitato di Palombaio, gli automobilisti prendono subito velocità mentre la strada si snoda verso Mariotto, in direzione dell’altopiano pietroso delle Murge.
Dal grigio dell’asfalto alla terra battuta, chiazzata di erbosi ciuffi verdi, sono due passi appena. Eppure una volta imboccato il vialetto che conduce al “nido” dell’associazione Naumanni – il cui nome rimanda al piccolo falco grillaio che popola il territorio murgiano apulo-lucano – sembra quasi di aver attraversato una barriera invisibile. Quella tra due mondi paralleli, che si guardano senza incontrarsi mai davvero. Come passare dall’altra parte di uno specchio.
Sul cartello d’ingresso di questo appartato microcosmo, scritte colorate su strette assi di legno compongono un insolito benvenuto: “In questo piccolo pezzo di mondo è naturale salire sugli alberi, vivere le emozioni, crederci e…riuscirci. Curare la terra, sporcarsi, piantare alberi, andare nelle pozzanghere”. Non faccio in tempo a razionalizzare i concetti appena appresi che, guardando più in là, ne vedo la meravigliosa traduzione reale.

Bambini e bambine che potranno avere dai 3 ai 6 anni ridono, si rincorrono, giocano con la terra. Una di loro sale su un albero, ai cui rami è appesa un’altalena fatta con due corde e un piccolo tronco. La piccola Lucia, i capelli dorati come il grano maturo, ride di gusto mentre ondeggia, spinta dall’amichetta.
Poco distante, altri bimbi completano un percorso correndo con disinvoltura lungo assi poggiate su balle di fieno, prima di saltare in un cerchio fatto con una matassa di tubi da irrigazione. Hanno un intero parco giochi a loro disposizione, con tanto di casetta e di orto. Dove possono piantare e “curare la terra”.
Angelo e Giovanna, la coppia di “padroni” di casa (padroni solo per modo di dire, perché in realtà “di nostro” – dicono – “c’è solo la stanza da letto e la camera di nostra figlia Chiara. Il resto è di tutti.”), hanno avviato i primi laboratori rurali permanenti per bambini, che hanno chiamato simbolicamente “ali libere”, pochi mesi fa, a dicembre. “Ma il nido”, spiegano, “è attivo da maggio, quando abbiamo organizzato i picnic aperti alle famiglie per farci conoscere”.

Nido che non sta ad indicare una certa tipologia di scuola per l’infanzia, ma la villa di campagna al civico 134 di Corso Vittorio Emanuele a Palombaio, frazione di Bitonto, dove Naumanni ha deciso di “nidificare”, di costruire lo spazio giusto per “covare” tutte le proprie attività e condividerle con gli altri. Oltre al progetto educativo di “ali libere”, che si avvale della professionalità di due educatrici, Palma Boccuzzi e Federica D’Amato, ci sono anche corsi di permacultura, progettazione e implementazioni di sistemi agro-forestali (food forest), orticultura, vivai botanici.

Ad organizzarli e condurli è Giuseppe Sannicandro, cofondatore dell’associazione che, dopo essersi laureato in Filosofia, Etica e Politica concentrandosi sulla questione ecologica, da anni progetta e insegna permacultura in Italia, Grecia, Svizzera, Slovenia, Spagna, Brasile e Uganda.
È stato lui a contagiare Angelo e Giovanna, riportando dai suoi viaggi piante esotiche che la coppia di amici usava per rigenerare con un po’ di vita il “cubo di cemento” in cui abitavano. Un appartamento al terzo piano in città, a Bitonto, che dopo aver ristrutturato con grandi sacrifici hanno capito di non poter più sopportare. E che hanno lasciato per trasferirsi nell’agro di Palombaio, dove hanno la possibilità di vivere una vita più in linea con i loro principi e desideri, improntati alla sostenibilità, all’empatia, alla sussidiarietà orizzontale e alla redistribuzione equa delle risorse.
Principi ben racchiusi nell’etica della permacultura (sintetizzabile in “cura della terra, cura delle persone, condivisione del surplus”) che nasce come un sistema di pratiche agricole sostenibili basato su piante perenni, incremento naturale della fertilità del terreno e della biodiversità per poi designare, col tempo, un “sistema olistico di progettazione e di gestione di insediamenti umani sostenibili e rigenerativi”, come spiega Giuseppe.
Come il nido di Naumanni, appunto, dove gli scarti alimentari vengono compostati per fertilizzare in maniera naturale il terreno, rigenerarlo e consentirgli di produrre a costo bassissimo o nullo altri frutti ricchi di sostanze benefiche i cui scarti andranno a rialimentare il ciclo. Basta guardarsi intorno per capire che è tutto un brulicare di attività di compostaggio.
Fronde tagliate, erbacce e residui di potatura in decomposizione, scarti di cibo inseriti in keyhole garden (un piccolo orto circolare al cui centro viene posta una compostiera che fornisce nutrimento al letto di coltivazione), una lombricompostiera (dove i lombrichi trasformano pezzi di cibo, vegetali e terra in humus), bokashi (letteralmente “miscuglio organico fermentato”, una tecnica che consente di ottenere concime di altissima qualità favorendo la riproduzione di microrganismi tramite la fermentazione diversi ingredienti).
Non è un caso che lì dove la terra è stata rigenerata, diventando scura e profumata come quella del bosco, l’erba cresca molto più alta e rigogliosa rispetto a quella che ricopre le zolle non ancora recuperate. Per mostrarmi quanto queste tecniche possano rendere il terreno soffice e areato, senza necessità di ararlo, Angelo scava una fossetta con una mano, arrivando senza fatica ad una buona profondità.

Poi stacca una foglia dall’insalata che stanno coltivando e me la porge. La assaggio e rimango sbalordito: non sapevo che potesse essere così saporita. È come se non avessi mai mangiato una lattuga prima d’ora. Il merito è della ritrovata ricchezza del terreno, frutto di un’azione antropica positiva, rigenerante, in controtendenza rispetto alle cieche logiche produttive che politiche agricole ed economiche scriteriate hanno promosso, impoverendo così terreni e piccoli produttori.
Anche da questo punto di vista l’etica si sposa ai principi di fondo della permacultura e si trasforma in azione. Tramite l’attivazione e la conduzione di un GAS (Gruppo di Acquisto Solidale), i ragazzi di Naumanni sostengono produttori altamente selezionati sulla base di qualità e sostenibilità, consentendo ad una ventina di famiglie di approvvigionarsi di verdure, frutta, legumi, farine e persino latticini biologici a prezzi molto contenuti.
Qui condivisione, rispetto e amore per il prossimo, fiducia, relazione, sostegno reciproco non sono valori astratti, ma prassi consolidate che regolano ogni attività. Ecologia ed economia tornano così a condividere davvero la comune radice greca, oikos (casa, ambiente), compenetrandosi e creando un ecosistema sano e virtuoso che non esclude ma include, non spinge all’agonismo ma alla collaborazione, non mortifica ma rinvigorisce. Un insegnamento preziosissimo, soprattutto se inculcato nei più piccoli.
Dando da mangiare ai lombrichi, che poi creano l’humus, apprendendo con gioia come coltivare, concimare, pacciamare e raccogliere, i bambini capiscono subito il valore della (bio)diversità, della cooperazione, dell’attività fisica, della socialità e di tante altre virtù che impareranno ad applicare in altri contesti.
“Un giorno hanno trovato un’allodola in fin di vita. L’hanno accudita finché non è spirata e poi hanno voluto seppellirla”, mi rivela Angelo. A tre, quattro anni, i bambini hanno così la possibilità cdi toccare con mano il ciclo vitale, familiarizzando in maniera del tutto naturale con la morte e la rinascita sotto altre forme. Un’educazione emotiva che secondo le neuroscienze può contribuire davvero a fare la differenza.

Basti pensare che, quando sono arrivati nel “nido”, alcuni dei bambini mostravano deficit di comunicazione, esibendo gesti di rabbia e autolesionismo, e che dopo un paio di settimane gli stessi genitori hanno riscontrato miglioramenti significativi. Il segreto sta nel risvegliare la curiosità e nello stimolare e favorire l’apprendimento gioioso, puntando sul naturale desiderio di conoscenza dell’essere umano. Idee che sembrano prendere il meglio dall’educazione steineriana.
Mentre Angelo, Giovanna, Giuseppe mi parlano dei loro progetti futuri con irrefrenabile e contagioso entusiasmo, Nicola, erborista e presidente dell’associazione “La mandragora” di Bitonto, guida un nutrito gruppo di appassionati alla scoperta delle piante officinali del nostro territorio. Al termine, pranzeranno tutti assieme, mangiando la sunnominata insalata, lenticchie con orzo nero, e tanta focaccia fatta con farina di grano Senatore Cappelli, antica varietà di frumento, tipica del Meridione, che dopo un lungo periodo di declino sta lentamente tornando sulle nostre tavole.
La suoneria dello smartphone mi riporta alla realtà. È tempo di andare. Al ritorno, il vialetto mi sembra più corto, forse perché, inconsciamente, ho già rialzato i ritmi. Sulla provinciale, dove un tempo passavano lenti i carretti dei contadini, una donna in Suv bianco fila come un razzo. Chissà dove starà andando.