Eppure basterebbe poco. Occorrerebbe guardarsi intorno e riproporre nel belpaese modelli virtuosi. Ci riferiamo ai sistemi elettorali dei principali paesi europei.
C’è il sistema maggioritario uninominale a un turno della Gran Bretagna, che dall’ottocento produce un governo la sera stessa delle elezioni, sia esso laburista o conservatore e nel passato anche liberale.
Si fonda su una divisione per collegi elettorali, che produce un solo vincitore, rappresentativo della comunità di appartenenza e che si batterà, una volta eletto, per gli interessi di quel territorio. È un sistema semplice, per certi versi rozzo, ma senz’altro efficace.
C’è poi il sistema maggioritario uninominale a doppio turno in vigore in Francia, che consente a Macron di essere eletto presidente pur essendo stato votato, al primo turno, da “appena” il 24% degli elettori. Il sistema si fonda su una scelta doppia dei votanti: la prima fatta con il “cuore” e con il senso di appartenenza a una bandiera, la seconda (quindici giorni dopo) dettata dalla ragione e dalla volontà di consegnare il paese a chi può meglio rappresentarlo.
Per anni il sistema francese ha portato al ballottaggio i Le Pen padre e figlia ma nessuno dei due ha fatto breccia sull’elettorato non rappresentato dal candidato alternativo liberale o socialista.
Eppure, nessuno di questi due sistemi è stato mai mutuato integralmente in Italia.
Per la verità, sotto la dettatura dell’esito di un referendum promosso da Segni e Pannella, agli inizi degli anni novanta, si introdusse un sistema elettorale simile a quello inglese (il Mattarellum) anche se “annacquato” da una buona dose di proporzionale. Quest’ultimo sistema, pur non efficacissimo, ha quantomeno prodotto una logica di alternanza nel governo del paese tra centrodestra e centrosinistra.
Anziché completare la riforma in senso uninominale, i nostri partiti politici, dal Porcellum in poi, hanno reso il meccanismo elettorale via via più fragile e precario, impiantando dosi massicce di proporzionale sino ad annullare qualsiasi possibilità di rendere riconoscibili, subito dopo il voto, vincitori e vinti.
Perchè se oggi è giusto indicare in Salvini e di Maio i trionfatori, allo stesso tempo questo riconoscimento li conduce ad un’alleanza innaturale per realizzare un governo a qualsiasi costo: troppo disomogenei i programmi, le basi elettorali e il personale politico.
Sarebbe più logico, a questo punto, varare un governo rappresentativo di tutte le forze politiche presenti in parlamento e che abbia un unico scopo: adottare il modello inglese o quello francese per le prossime elezioni e lasciare che i cittadini possano scegliere in modo chiaro da che parte stare.