È senz’altro capitato a tutti di passare tra i corridoi di un museo, soffermarsi ad ammirare un dipinto e immaginare le voci dei personaggi ritratti. Cosa ci dicono attraverso la tela? Cosa raccontano?
Non è, tuttavia, tra le sale di una pinacoteca che troveremo i quadri di Francesco Albanese, giovane artista ventunenne di Bitonto. Eppure, guardando i volti da lui ritratti ci si chiede se posseggano una voce.
Iscritto al terzo anno dell’Accademia di belle arti di Bari, Francesco ha deciso di dedicarsi interamente a colori e pennelli. Le figure che appaiono nei suoi quadri sono principalmente donne che, avvolte in una luce “mistica”, guardano l’oltre imperscrutabile, lasciando che l’osservatore vaghi con l’immaginazione.
L’elemento fondamentale che distingue il nostro giovane artista da qualsiasi altro ritrattista è la passione che infonde non solo nell’atto artistico ma anche nella scelta del soggetto da dipingere. Le donne dei suoi quadri hanno davvero una voce. Non sono figure inventate o modelle, ma persone vere e autentiche, immortalate sulla tela nella loro quotidiana bellezza.
“Le mie scelte sono dettate dall’empatia. Il meccanismo è simile a quello dell’amore a prima vista. C’è qualcosa delle persone che incontro- spiega Francesco – che mi colpisce istintivamente. Poi provo a conoscerle meglio, per capire bene come sono, e il rapporto che si crea tra me e loro è proprio ciò che voglio dipingere sulla tela.”
Il sogno di fare della pittura il mestiere di una vita è vivo nella sua mente, ma quanto mai difficile da realizzare. Francesco, così, che nel frattempo ha anche collaborato con il Da Bitonto in qualità di vignettista, preferisce tenere i piedi ben saldi a terra.
“Dedicarsi professionalmente all’arte è davvero difficile. Vorrebbe dire vivere della propria immagine. Ciò che all’inizio della carriera è quasi impossibile”, confessa.
Per ora, dunque, dipinge prima di tutto per se stesso, usando la sua arte come uno “sfogo”.
“Sento il bisogno di farlo. Poi spero che gli altri vedano nel dipinto ciò che ho visto io stesso nel soggetto ritratto. Il mio lavoro è un invito ad osservare, attraverso una lente originale”, spiega.
L’onestà intellettuale che Francesco ripone nei suoi quadri si riflette nel suo schietto argomentare. Non manca, infatti, di osservare con una punta di amarezza: “La vita culturale in questa città non è un granché. E non penso sia tanto un problema di amministrazione. Piuttosto di popolazione. Così, anche la valorizzazione del territorio lascia il tempo che trova. Viviamo passivamente un paese particolarmente ricco sotto il profilo culturale, artistico e architettonico. Lo viviamo quotidianamente, avendo perso il senso della meraviglia di fronte al bello che ci circonda.”
Ma la bellezza non passa inosservata a tutti e, certo, un altro pezzo di “bello” lo porterà Francesco, quando completerà il progetto di una sua personale.
Dal canto nostro, osservatori curiosi, gli auguriamo che ciò si realizzi al più presto.