Ma che c’entra il Daspo col fascismo?

Una riflessione in margine all’articolo di Sabino Paparella (BitontoTv) sull'eventuale applicazione a Bitonto del decreto Minniti

Cari lettori, oggi abbiamo voglia di singolar tenzone con un amicissimo nostro, roba che gliele possiamo cantare anche al bar o in pizzeria oppure, come con pronta solerzia abbiamo già fatto, in un messaggio privato.

E invece scegliamo anche la dimensione aperta e pubblica. Sul banco degli “imputati” c’è Sabino Paparella, pensoso collega di BitontoTv, uno col quale non sempre si può essere d’accordo ma di cui sempre possono apprezzarsi stile e profondità. E infatti gli amici si scelgono e noi tale lo consideriamo. Amico.

E allora, cos’è successo? Succede che l’altro giorno Sabino critica, con tatto, un articolo dei colleghi del Dabitonto.com, pezzo che a sua volta era critico o quantomeno stimolante in merito all’acquisizione bitontina dello strumento del Daspo urbano, ovverosia il contenuto del decreto legge Minniti “Disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle città”. Bivacchi per strada, parcheggiatori abusivi, spaccio, ubriachi, disordini. Insomma, questa materia qui e come combatterla. Non è tanto di questo che vogliamo parlarvi. Tra l’altro, Sabino in realtà non si scaglia contro i giornalisti “dabitontini”.

L’attacco gli è utile per esprimere la sua contrarietà al Daspo a Bitonto nel merito. Ora. Personalmente abbiamo riserve sulle misure. Se davvero servono ad eludere spazi altrimenti destinati al malaffare quando non alla ricerca di consenso della malavita è un conto. Se invece servono a colpire, con la scusa del culto borghese piccolo piccolo dell’orticello, non già il crimine, anche spicciolo, quanto piuttosto i disagi di tutti i tipi o le nuove e drammatiche povertà, è un altro, e ben altro, conto. Per farla breve, un paio di maniche è se parliamo di chi estorce denaro per nemmeno guardare di striscio la tua auto (da chi dovrebbe difenderla, poi, forse dall’amico suo?), altro paio di maniche, da rotolare per bene e con calma, se stiamo parlando di un clochard che, sì, farà pure la popò all’aperto, si circonderà pure di cani zoppi, come zoppa dev’essere la vita sua, ma sicuramente esprime un disagio, un momento di evidente, umanissima difficoltà.

La materia non è facile. Si pensi anche all’occupazione illegale di immobili. Centri sociali fuori da ogni controllo e spesso terreno fertile per le vergognose follie di terroristi mai pentiti, si veda quel che è accaduto a Firenze, nel Cpa Sud con l’intervento di quella barbara della Balzerani?

Siamo d’accordo, non ci piove. Ma se occupazione di immobile è quella, certo estrema ma altrettanto drammatica, di una famiglia indigente sul lastrico, beh, andiamoci piano. Ecco le nostre perplessità. Dubbi che condividiamo con Sabino sui rilievi in merito all’eventuale approdo nella nostra città delle conseguenze del decreto del Viminale.

Siamo anche critici sul concetto generale secondo cui la crescita collettiva comunitaria sia così strettamente legata al culto di un ordine inteso come “decoro”, facciata da ripulire e non come realtà profonda da medicare alle fondamenta.

Non abbiamo remore a riconoscere l’insufficienza di un discorso solo “securitario”, termine amato in certi contesti polemici ma che comunque riteniamo possa mantenere un certo valore. Serve non solo la sicurezza, urge la consapevolezza e così la cultura e così ancora la pedagogia civica minima o la riappropriazione degli spazi una volta in mano alla criminalità. Però, però.

E qui veniamo alla diversità di vedute, di letture e di parole con Sabino. La sua è apparsa un’ottica inusitatamente ideologico-politica. Paparella definisce infatti tutto “fascista”. La logica del Daspo urbano è (sarebbe) fascista. Chi l’ha pensato è (sarebbe) fascista. E figuratevi se fascista non sarà chi il Daspo ardentemente vuole. Sarà che lui è filosofo e chi scrive ha una mentalità da storico, però il fascismo, santo cielo, è “semplicemente” un periodo della storia italiana del XX secolo. Perché fare del fascismo una categoria dello spirito, antropologica e non storica, legata all’umore e alla richiesta di ordine tout court? È questa una storia antica, che parte prima di Umberto Eco e del suo “Ur-fascismo”. Il fascismo non come momento storico ma come mera psicologia della violenza. Non violenza politica ma umana (o pre-umana, se si vuole). Violenza ora e sempre, contro tutti. Il fascismo nemmeno come ideologia ma come pulsione, istinto primordiale padre di tutte le negatività, insomma il Male. Il fascismo come “modus” e non come storia. Ed è su questo che amabilmente confliggiamo, almeno da quando Sabino si è convertito a questa forma un po’ ossessiva di caccia al fascismo.

Quando si separa il fascismo dalla storia iniziamo a non capire più nulla. Se rendi modus il fascismo, andrà a finire che “fascista” era Giolitti, fascista era Crispi, fascista era Depretis, fascista è Minniti. Ma Minniti è fascista?

Si rischia di scadere nel ridicolo. Forse che non sono stati “fascisti” i regimi marxisti, sovietici, comunisti, allora?

Così uniformi, militari, quadrati? E i barboni? Sicuri loro nemici. Davvero, con sua maestà il fascismo “petrosino”, perdiamo la bussola un pochino tutti. Vuoi vedere adesso che mio zio umbro, che vota falce e martello da quando è nato, lui che ce l’ha così tanto con gli immigrati del suo paesello, adesso, sotto sotto, è fascista e non lo sa?

Lui, parente stretto di partigiani? E allora, tornando seri. L’ordine (o il suo tentativo) fu sicuramente un tratto del fascismo, soprattutto di quello “regime”, per dirla con Renzo De Felice. Ma tutti i regimi vogliono l’ordine, nascono persino mediante una richiesta d’ordine.

Tutti fascisti? Per chiudere. Lasciamo alla (drammatica) storia il fascismo. Parliamo sì di umanità, parliamo di tutela dell’umano, come tutela dell’umano è abbracciare un fratello uomo puzzolente che la vita ha scaraventato per strada e sotto i ponti, cercando di capire perché è arrivato lì. L’umano, l’umanità. Salviamo questi aspetti. Abbracciare quel fratello non è, non può essere un atto culturale, di “sinistra”. Ma un atto di nuda umanità. Anche sui rom. Possiamo parlarne per giornate intere. Controlli rigorosi, soprattutto nei termini dell’igiene infantile. Ma salvando anche qui umanità e culture. Chi ha voluto gli aspetti più opinabili del Daspo probabilmente avrà semmai dimenticato per cinque minuti l’umanità integrale che qualche volta ci permette di arrivare al cuore delle questioni (e dell’uomo stesso). Ma il fascismo è stata una cosa complessa. Non leghiamolo al Daspo e nemmeno alla capa pelata (sinistramente pelata, d’accordo, ma ridiamoci su) di Minniti. Lasciamo quella fase storica alla complessità.

E poi per l’antifascismo sta arrivando il 25 aprile. Ciao, Sabino. Amici più di prima. Molti amici molto onore. Tanto più se di valore come te. E perdona questa chiosa buonista.