Tricarico, all’anagrafe Francesco Maria Tricarico, classe 1971, voleva suonare la chitarra. Al conservatorio di Milano, però, gli hanno assegnato il flauto, decisione che, probabilmente, gli è andata di “traverso”.
Tant’è che, sin da allora, ha espresso risentimento per le vicende più o meno tormentose della sua esistenza. Oggi, cantautore dal pensiero lucido ma incoerente, in una fase di maturità, si presenta sferzante e scapigliato al pubblico dei buoni (fintantoché son pochi) accorsi al Corvo Torvo, ritrovo e ristoro nel cuore antico di Bitonto. Francesco, quasi da subito orfano del padre, di origini pugliesi, si trova a fronteggiare le asperità della vita nel capoluogo lombardo.
E da quel bagaglio di esperienze, vissute sempre con audace intimità, l’artista Tricarico costruisce un repertorio di ballate espressive difficilmente collocabili nel panorama delle proposte musicali italiane, seppur in linea con la buona scuola dei cantautori, per euritmia di stile e contenuti. Le parole sono colpi che risuonano nelle canzoni di Francesco, note soprattutto per le partecipazioni sanremesi (“Una vita tranquilla”, “Il bosco delle fragole” e “Tre colori”, tre, come per un destino segnato nel cognome). A lui si deve anche la colonna sonora di “Ti amo in tutte le lingue del mondo”, pellicola firmata da Pieraccioni nel 2005, e la collaborazione al brano di Adriano Celentano “La situazione non è buona”.
Ma la “notorietà”, in casi come questi, conta poco o niente. Chi propone storie vere perché sentite in modo personalissimo non ha certo bisogno della vetrina mediatica dello schermo, soprattutto quello “piccolo”, e segue una strada di impegno sociale che lo porta a sviscerare opinioni senza curarsi di riuscire a prendere i “toni alti”.
Sempre in movimento, anche sul palco, Francesco si racconta lungamente attraverso i testi, grazie al sostegno di una voce intensa e nonostante un atteggiamento apparentemente disinteressato. In quella irresoluta disinvoltura esibita nel proporsi alla gente, c’è forse la chiave del personaggio e del suo mondo traslucido. Accompagnato dal fido pianista grumese, Michele Fazio, a Bitonto non esita a improvvisare le sue canzoni quasi fossero scritte come un canovaccio, quesiti da risolvere ad arte. Così, Francesco dimostra di non essere mai stato in grado di entrare nel “giro” avendo sempre avuto altri tempi, altri ritmi, altri metodi.
Nelle sue canzoni, riflessive e imprevedibili, raffigura la delusione per gli atteggiamenti brutalmente commerciali della società e gli interessi che la avvolgono, per la gestione del Paese così lontana dalle esigenze delle persone. Eppure, il cantautore, inseguendo la chimera di “una vita tranquilla”, non può mettere a tacere l’anima e nella serie di concerti che realizza lungo la penisola sfrutta al massimo le carte a disposizione, vestito soltanto della propria singolarità.
Anche l’amore è un business, secondo il Tricarico pensiero. Sicché sembra difficile uscire da una condizione di agrodolce osservazione del mondo, compreso quello sentimentale. Ma altrettanto difficile è non credergli, perché chi lo ascolta è certamente convinto dell’autenticità della sua finzione artistica, che spinge a vagare lungo corde poetiche, attraverso le discrepanze delle vicende umane, in una visione fantastica e canzonatoria dell’esistenza.