Subito dopo la maxi operazione di ieri, messa a segno da Polizia di Stato e Arma dei Carabinieri per assicurare alla giustizia gli affiliati dei clan Cipriano e Conte ritenuti a vario titolo responsabili dell’uccisione di Anna Rosa Tarantino, la Procura di Bari ha rivelato i dettagli della tanto attesa reazione ai fatti del 30 dicembre dello scorso anno.
GLI ARRESTATI
Sette le ordinanze di custodia cautelare emesse dal GIP del Tribunale di Bari, dott. Giovanni Angiana, su richiesta della procura, nei confronti di 7 soggetti appartenenti alle due organizzazioni criminali, in contrasto tra di loro, operanti a Bitonto. Destinatari del provvedimento sono: Colasuonno Francesco, 31enne; Ruggiero Benito, 28enne; Mena Rocco, 30enne; Rizzo Michele, 45enne; Liso Cosimo, 23enne; Sabba Michele, 24enne; Papaleo Rocco, 38enne.
Ai malviventi, tutti già già destinatari di procedimenti penali e di polizia, sono stati contestati, a vario titolo, i reati di omicidio, tentato omicidio, spari in luogo pubblico, detenzione e porto abusivo di armi, minaccia e violenza privata; tutti aggravati dall’aver agito con il metodo mafioso.
Attraverso le indagini delegate a Polizia e Carabinieri è stato così possibile ricostruire i fatti causati dai due gruppi criminali protagonisti della vicenda. Da un lato il gruppo denominato “Conte”, operativo nella periferia urbana e precisamente nel complesso di case popolari di quella via Pertini; dall’altro il clan “Cipriano”, capeggiato dal pluripregiudicato Colasuonno, detto “Ciccio Cipriano”, operativo nel centro storico. Entrambi molto attivi nel traffico e commercializzazione di sostanze stupefacenti, attraverso il controllo di piazze di spaccio ricadenti nei rispettivi territori di influenza.
IL CONTESTO
I contrasti tra le due organizzazioni, già datati nel tempo, hanno fatto registrare una recrudescenza nello scorso autunno 2017, a seguito della defezione di taluni esponenti del gruppo Cipriano transitati nel rivale gruppo Conte. Di tale scissione si è avvantaggiata la consorteria attiva nella periferia cittadina, che ha così creato una enclave nel borgo antico, nella quale veniva immediatamente attivata una piazza di spaccio. Una iniziativa che ha scatenato la reazione del clan avverso, fino a quel momento egemone nel centro storico bitontino, che vedeva così minacciato l’enorme indotto proveniente dal mercato degli stupefacenti.
Già nell’ottobre del 2017, le indagini coordinate dalla Procura e condotte dalla Polizia di Stato avevano consentito di intervenire puntualmente con l’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di tre esponenti del gruppo Conte: Tarullo Vito Antonio, Caputo Vincenzo e Liso Domenico, ritenuti responsabili del violento pestaggio, avvenuto a settembre, ai danni di un soggetto dell’altro gruppo.
I FATTI CHE HANNO PORTATO ALL’OMICIDIO
In questo quadro di contrasto, a partire dalla vigilia di Natale dello scorso anno, in un crescendo di episodi di violenza ed aggressioni, i due gruppi rivali si sono affrontati armi in pugno, fino a quando il 29 dicembre, alcuni esponenti del gruppo Cipriano hanno intimato all’ex sodale Cosimo Liso (fratello del predetto Domenico, da qualche tempo, come il congiunto, transitato nel clan Conte), di abbandonare la propria abitazione nel centro storico. È stata questa pretesa a provocava il meccanismo di botta e risposta, culminato con la tragica sparatoria a seguito della quale veniva mortalmente ferita la vedova Tarantino e ferito anche il giovane gregario del gruppo Cipriano, Giuseppe Casadibari. Di seguito i dettagli forniti dalla Procura.
“Alle ore 06.30 circa, nei vicoli della città vecchia, Liso Cosimo, esponente del gruppo Conte, esplodeva alcuni colpi d’arma da fuoco all’indirizzo di un manufatto frequentato da componenti del sodalizio rivale; alle ore 07.00 circa, affiliati al gruppo Cipriano, in risposta alla precedente azione e con il proposito di vendicarsi nei confronti del predetto, raggiungevano la sua abitazione nei vicoli del centro storico. Non avendolo trovato, i rivali devastavano il portone d’ingresso; alle ore 08.15 circa, quattro esponenti del sodalizio Cipriano, tre dei quali successivamente identificati in Colasuonno Francesco, Ruggiero Benito e Mena Rocco, armati e con il volto travisato, a bordo di due ciclomotori, si recavano presso la roccaforte del gruppo avversario, nella periferica via Pertini, dove esplodevano numerosi colpi di arma da fuoco sul portone d’ingresso della palazzina dove ha sede la piazza di spaccio di droga controllata dal gruppo Conte, uccidendo deliberatamente un cane pastore tedesco; alle ore 08.25, gregari del gruppo Conte, in risposta all’azione poc’anzi subita, si recavano nei vicoli del borgo antico e per le vie cittadine, con il preciso ordine di colpire qualsivoglia esponente della consorteria avversaria. In tale azione, nella centralissima via delle Marteri, veniva intercettato Casadibari Giuseppe, affiliato al gruppo Cipriano, con funzioni di addetto allo spaccio, all’indirizzo del quale venivano esplosi numerosi colpi d’arma da fuoco, da due pistole diverse, che lo attingevano al torace. In questa fase, tra gli aggressori e la vittima, veniva a trovarsi l’83enne Annarosa Tarantino, attinta a sua volta mortalmente da almeno due colpi di pistola, uno al fianco e l’altro alla gamba. Attraverso le dichiarazioni rese da Tarullo Vito Antonio, come si è detto elemento di vertice del gruppo Conte, nel frattempo divenuto collaboratore di giustizia, le cui propalazioni venivano riscontrate da autonome ed indipendenti risultanze investigative, è stato possibile acquisire seri e concreti elementi di colpevolezza a carico degli indagati Michele Sabba e Rocco Papaleo, quali responsabili della tragica azione armata di via delle Marteri”.
Le indagini sono state condotte con metodi tradizionali, attraverso l’esecuzione di intercettazioni telefoniche, l’escussione di testimoni e l’effettuazione di rilievi tecnico-scientifici, ai quali si è aggiunto il prezioso contributo costituito dalla collaborazione con la giustizia non solo da parte del già citato Tarullo Vito Antonio, ma anche del ferito Casadibari. Agli indagati Ruggiero e Rizzo sono anche contestati gravi episodi di minacce ed intimidazioni all’indirizzo di alcuni congiunti e familiari del ragazzo, al fine di impedire la collaborazione con la giustizia.
È stato anche fornito un video che contiene immagini relative alle azioni intraprese dagli arrestati nel giorno dell’omicidio.