Il M5S ha vinto le elezioni assieme alla Lega di Salvini.
Naturalmente non è ancora arrivato a formare un governo, ammesso che riesca a costituirne uno magari con Salvini stesso. Vedremo.
Sennonché alcuni giorni fa, i Caf di mezzo sud sono stati presi d’assalto da cittadini che volevano andare all’incasso e accaparrarsi il reddito di cittadinanza, alla cui promessa i grillini dovranno prima o poi dare seguito. Molti cittadini però non sono d’accordo. E no! Meglio prima che poi. Anzi, subito.
Intendiamoci. Una democrazia non è tale solo perché si professa democratica.
Ce lo dice la storia. Anch’io posso dire di me stesso di essere il cugino di Capitan Uncino o magari il diretto discendente di Teoderico, re degli ostrogoti. Tanto a crederci ci sono solo io. Voglio dire, non basta definirsi democratici in una democrazia solo perché qualcuno ci consente, una volta ogni tanto, di varcare il seggio elettorale per poi deliberare con il sedere anziché con la testa. Non funziona così. Una democrazia rappresentativa non può reggersi in piedi se nel suo bacino non vi si reca la necessaria acqua pulita e potabile, fuor di metafora se non c’è la predisposizione o la volontà del cittadino di ritenersi parte attiva e raziocinante di una comunità. Già è difficile, la situazione.
Questo perché non si sa ancora, dopo duecento anni dalla sua invenzione, che animale sia la democrazia rappresentativa, in virtù, per dirla con Gustavo Zagrebelsky, del suo “carattere oligarchico”. “La democrazia, nella versione rappresentativa che conosciamo, è una classe politica, scelta attraverso elezioni, che immette nelle istituzioni istanze della società per trasformarle in leggi. È dunque, nell’essenziale, un sistema di trasmissione e trasformazione di domande che si attua attraverso una sostituzione dei molti con i pochi: una classe politica al posto della società.
Qui, piaccia o no, c’è la radice inestirpabile del carattere oligarchico della democrazia rappresentativa, carattere che per lo più viene occultato in rituali democratici ma che talora non ci si trattiene dall’esibire sfrontatamente” (Gustavo Zagrebelsky, “La democrazia e lo spettro dell’isola di Pasqua”, 12 dicembre 2006, “la Repubblica”).
Già lo strumento della delega, alias “scaricabarile”, a cui ci rivolgiamo per scegliere i nostri rappresentanti affinché loro provvedano per noi, puzza di formaggio andato a male (con le leggi elettorali che si sono succedute, peraltro, ci hanno tolto anche questa libertà).
Ma se poi il cittadino non s’informa, se al cittadino non gliene frega niente, e ancor peggio, se il cittadino non riesce a crearsi un parere radicato e maturo poiché non possiede la cognizione di che cosa sia un’opinione, non stiamo messi male ma direttamente nel feretro. Cittadino? E’ un lupo mannaro. Un vampiro. Un kryptoniano. Tutto, meno che un cittadino. Cosicché la democrazia rappresentativa diventa ancor più claudicante, in cui già i mass-media, abilmente e capziosamente pilotati da chi ha i piccioli, non aiutano; figuriamoci poi con la massiccia presenza dei kryptoniani sciroccati.
Mi è venuto in mente uno spezzone di servizio giornalistico mandato in onda su “Piazzapulita” a La 7. Si parlava di noi giovani. Di 22mila anime intente a partecipare ad un concorso. Un concorso Inps dopo che lo stesso Inps non ne bandiva uno da tanto, troppo tempo.
Venivano interpellati. Si ponevano loro domande sulle recenti elezioni politiche e sulla politica in generale. Rispondevano. Ma rispondevano come se tutto ciò non li riguardasse. Rispondevano e intanto vedevo quelle espressioni così ripiegate su se stesse da mostrarsi mortificate e annichilite e spoglie di tutto. Di passioni, di sentimenti, di genuinità, di carica e forza e freschezza intellettuale. Mi buttavo al di là del guado e pensavo che fosse finita. Che l’umanità fosse finita. Formattata. Resettata. Che non ha più nulla da dire. Stanca. Spenta. Lacerata. Abbiamo la nuova generazione che avanza. Certo. Avanza per approdare sulle rive del nulla di cui è portatrice.