Un’onda di voci va attraversando tutti gli strati della società, in ogni angolo del pianeta, per esprimere dissenso al continuo flusso di violenze perpetrate sulle donne.
Per interpretare al meglio questa richiesta di attenzione e dare sostanza alle ragioni dell’universo femminile, si mobilitano anche le discipline artistiche, unite nelle loro differenze a formare un coro polifonico o, magari, volutamente stridente. Se poi questo messaggio attraversa la storia con un viaggio virtuale fra letteratura, pittura o danza, la sua forza diventa irresistibile.
“Reactive” è lo spettacolo “musico-teatrale”, prodotto da VS Artlab e presentato al Traetta di Bitonto.
Si tratta della rappresentazione dell’omonima opera inedita, nata dalla “sinergia di autori e musicisti”.
La direzione e l’esecuzione della parte musicale sono affidate a Savino Valerio (piano-synth guita) e Rosita Cannito (vocal). I testi sono di Maria Donata Acquaviva e Francesco Paolo Bonasia.
Gli attori in scena, della compagnia “attoREmatto”, sono Claudia Zema (Alda Merini), Marzia Colucci (Frida Kahlo), Eva Coviello (Eva Fahidi), Beatrice Liso (Ipazia), Francesca Pia Murgolo (Artemisia Gentileschi). La regia è di Cecilia Maggio.
Nello spettacolo “Reactive”, un fil rouge lega Ipazia, Artemsia Gentileschi, Frida Kahlo ed Eva Fahidi a Alda Merini, attraversando la storia dal 300 d.C. al 2009.
Un “discorso sonoro eseguito dal vivo”, in cui si intersecano cinque monologhi inediti. Le storie proposte, spiegano gli autori, “non vogliono essere rievocazione e nemmeno commiserazione, ma intendono fornire una nuova chiave di lettura e riflessione del fenomeno violenza sulle donne”.
La pièce teatrale pone l’accento sulla “reazione” – spiegano gli autori – ossia “la trasformazione del dolore in espressione artistica, quella che consente un passaggio di consegne alle generazioni future”.
Così, Ipazia consegna la brutalità della persecuzione cristiana attraverso la sua verità; Artemisia, la violenza sessuale attraverso la sua pittura nella descrizione della celebre opera “Giuditta che decapita Oloferne”; Frida Kahlo, la sofferenza dell’esistenza con la sua arte e le sue parole; Alda Merini, la pena dei manicomi, con il “diario di una diversa”; Eva Fahidi, il dolore dell’olocausto attraverso la danza.
Musica, poesia, recitazione fusi perfettamente insieme.
Un inno accorato, un manifesto artistico contro la dignità calpestata, in un tempo in cui la violenza contro le donne si ripropone con “metodica regolarità”, costituendo il drammatico, a volte tragico refrain di tante storie di cronaca.