La piccola rivoluzione di Enzo Beccia

"Per chi viaggia leggero" è l'ultimo album di Enzo Beccia, cantautore pugliese originario di Torremaggiore ma da molti anni attivo a Milano

Enzo Beccia è un cantautore e chitarrista pugliese, originario di Torremaggiore in provincia di Foggia, ma da molti anni attivo a Milano. Il suo ultimo album, Per chi viaggia leggero, si compone di sette brani a cavallo tra musica popolare, jazz, cantautorato di tradizione italiana e folk.

Il disco nasce dalle parole di Fiorenza Sasso e con la produzione artistica di Enea Bardi: si accompagna a un libro di racconti, scritto insieme alla stessa paroliera. Enzo Beccia ha suonato in diverse formazioni, ha fondato diversi progetti musicali, ricevuto numerosi premi come il Premio De Andrè per la “Miglior Canzone d’Autore”. Il cantautore si dedica all’insegnamento ed è autore del metodo Il Mondo è una chitarra.

Perché è importante viaggiare leggero? 
Il racconto e le canzoni del disco descrivono l’avvicinamento a questo “viaggiare leggero”, cui il protagonista aspira, come me e come tanti altri. Arrivare a desiderare questa leggerezza e a mettere in atto scelte che ci rendano leggeri è una vera conquista. Significa rinunciare ad alcune ambizioni, agli eccessi, alle cose superflue, ma ottenere qualcosa che vale di più, qualcosa che non fatico a chiamare “libertà”.

Quanto è centrale la chitarra nel mondo di Enzo Beccia?
La chitarra è la mia compagna di viaggio. È stata la mia unica voce prima che scoprissi di avere una voce! Ho iniziato a cantare da pochi anni, quindi la chitarra era ed è protagonista nel mio percorso musicale. Inoltre, per vivere di musica, come dico sempre, bisogna saper fare tante cose, ad esempio insegnare! Mi sono appassionato a questa professione, tanto da scrivere un metodo di chitarra per trasmettere a giovani e meno giovani il mio stesso entusiasmo.

Questo disco è accompagnato da un libro di racconti. Come nasce questa scelta?
Il racconto in prosa e quello in musica procedono di pari passo: i sette brani sono collegati dalla narrazione di ciò che il protagonista vive. Così si ha un racconto da ascoltare o delle canzoni da leggere! Un po’ come quando c’erano le “Fiabe sonore” con i 45 giri. Fiorenza Sasso ha scritto i racconti e i testi delle canzoni, ma non saprei dire cosa nasca prima. Come l’uovo e la gallina: chissà se viene prima il testo, il racconto o la musica.

Quale sarebbe la piccola rivoluzione di Enzo Beccia?
L’idealismo de La mia piccola rivoluzione spero che sia contagioso: dal testo di Fiorenza alla mia musica, fino al video realizzato come un flashmob in piazza. L’obiettivo è arrivare a quante più persone, in modo che ci si chieda: “qual è la mia piccola rivoluzione?”
Se ognuno si ponesse questa domanda, se ognuno si lasciasse ispirare dalle piccole rivoluzioni quotidiane attorno a sé, allora davvero avremmo cambiamenti sociali importanti. Sembra un discorso utopistico, in un’epoca in cui razzismi e paure prevalgono. Eppure ci sono tanti che, come me, non smettono di credere che il mondo possa essere migliore di così. Bisogna tradurre gli ideali in gesti concreti, mettere a fuoco le battaglie per cui vale la pena di lottare e non farsi abbattere dalle delusioni. Per non rischiare di passare una vita come Gli indifferenti (che sarà la canzone del prossimo video: stay tuned!). La mia piccola rivoluzione è innanzitutto fare una musica che trasmetta messaggi, ma anche andare in piazza quando serve!

Che si dice a Milano? 
Milano è pugliese, questo è fuor di dubbio. I milanesi sono una leggenda, dove sono finiti? Quelli rimasti sognano di trasferirsi a Bruxelles mentre cantano con me Che si dice a Milano? Alla fine il successo di questa canzone è che condensa il sentimento di tutti i migranti come me: essere a metà tra due mondi, e sentirsi pugliese a Milano e milanese in Puglia. Quello che vivono e hanno vissuto intere generazioni di pugliesi e di italiani, continuano a viverlo in maniere diverse i migranti di tutti i tempi. Nella canzone l’aspetto nostalgico e doloroso resta un po’ sullo sfondo, ma non dimentichiamo che ogni migrazione è una separazione faticosa dalla propria terra d’origine, dai propri cari: “una mano sulla valigia, una aperta per salutare”.