Il discorso di Paky

La musica è il vero antidoto alla "barbarie" della lingua. La storia di Pasquale Schiraldi.

L’argomento della storia che ci accingiamo a raccontare è la musica. Una storia che presenta molte analogie col pluripremiato “Il discorso del re”, il film in cui un talentuoso Geoffrey Rush, nei panni di Lionel Logue, celebre logopedista, prende in cura Giorgio VI (il bravo Colin Firth), affetto da balbuzie. La musica come vero antidoto all’imbarbarimento (anche) linguistico. Questo il messaggio del film e, pure, della storia che ora vi narriamo.

Pasquale Schiraldi, in arte Paky, è un giovane ragazzo di ventun anni, nato ad Acquaviva delle Fonti, nel sud barese, e residente a Bitonto. Sin da piccolo, soffre di disfemia funzionale: un disturbo di linguaggio che, tra una parola e l’altra, gli impedisce di esprimersi in modo continuo, senza interruzioni. Una difficoltà che, tuttavia, non riesce a distoglierglio dai suoi propositi, da quella che lui stesso definisce “la mia più grande passione”.

Pasquale, infatti, per un puro caso del destino si avvicina al mondo musicale quando, a quattordici anni, segue le lezioni di chitarra dell’Accademia Modugno, sotto la guida del maestro Tommaso De Filippis. E fin da subito spicca per attitudine e il talento, tutto da coltivare.

Nel 2015 decide di affiancare allo studio della chitarra quello del canto, servendosi del prezioso ausilio di Angelica Bartolucci, una valida corista. Trascorsi alcuni anni a fare la gavetta e a studiare, Pasquale rivolge una sfida a se stesso: mostrare il proprio talento a un pubblico più ampio e variegato, uscendo dal contesto barese e allargando gli orizzonti alla ricerca del successo.

Il giovane dimostra di avere veramente a cuore la sua missione, e guarda con fiducia alla lunga strada da percorrere.

La fase successiva è la scelta di diventare cantautore, attraverso la pubblicazione di brani pop su YouTube che hanno riscosso un sorprendente successo. Il suo ultimo pezzo, intitolato “Non è la filosofia”, ha registrato più di novantamila visualizzazioni sul canale fb, da poco inaugurato. Il brano vuol essere un inno alla semplicità e alla verità, a fronte di un mondo in cui tante promesse, come quelle della politica, solo apparentemente interessanti, si rivelano, in realtà, vuote e aleatorie. Ciononostante, anzi forse proprio in ragione di questo, Paky coltiva il sacro fuoco della speranza.

“Parole a metà”, titolo di un altro suo motivo, ripercorre tutti gli ostacoli causati dalla balbuzie, ribadendo con forza a chi non comprende la sua scelta: “io non rinuncio a dire quello che mi pare”, che è anche il tema portante del testo.

Sebbene Paky non riesca ad esprimersi chiaramente nelle conversazioni ruotinarie, la potenza del canto gli permette di entrare in completa sintonia col suo pubblico. Un altro tema, a lui molto caro, è la genuinità e la bontà del contesto rurale: “Campagnolo”, mettendo a fuoco il duro lavoro nei campi di suo padre, denuncia il progressivo affievolirsi di questi valori, in una società sempre più dominata dalla tecnica e dall’economia.

Ciò che più colpisce di questo enfant prodige è l’incrollabile volontà di superare i limiti che si frappongono al raggiungimento del suo traguardo; la capacità di rialzarsi ad ogni caduta, imparando a sfottere la cattiva sorte. Certo, la strada è ancora lunga e tutta da percorrere. Ma le occasioni non si fanno attendere: qualche settimana fa Pasquale è tornato a esibirsi col suo ultimo brano “Non è la filosofia”, accolto dagli applausi di un pubblico entusiasta. La partecipazione a un progetto sulla balbuzie a Vicenza, dove Paky ha cantato nella scuola di Torrequartesolo, conferma che la tabella di marcia è ricca di iniziative e progetti. Ferma restando la sua volontà di dedicarsi alla stesura dei pezzi, nonostante i molteplici impegni.

Se volessimo provare a riassumere in una battuta la morale che vien fuori da questa storia, potremmo dire, con le stesse parole di Paky: “Quando la vita ti sembra in salita allora è il momento di pedalare più forte”.