Da convento a villa nobiliare

L'eremo di San Sebastiano, in località Primignano, acquisito dalla famiglia Losito versa oggi in grave degrado

Sull’antico tracciato di via Megra, che conduceva in località “ad Veneris”, a Palombaio, si notano, sparse al centro di estesi corpi fondia­ri, grancie rurali e antiche possessioni, degli ordini mo­nastici che nei secoli s’inse­diarono a Bitonto, ormai ri­dotte a ruderi in seguito alla riconversione agraria, con l’acquisizione di terre vacue e il loro successivo frazionamento.

A “Primignano”, al confi­ne con il territorio di Palo del Colle, antica­mente vi era un conventuolo denominato Eremo di San Sebastiano, sui cui resti fu innalzato, ai primi dell’Ottocen­to, il Casino Losito. Palazzi­na neoclassica, di proprietà dell’omonima famiglia bitontina, fu realizzata dall’architetto Giuseppe Comes. Carat­terizzata da una struttura in pietra, ha pian­ta quadrangolare e si svi­luppa su due livelli, collegati attraverso una scala interna in muratura.

Al primo livello vi è un porticato con numerosi ambienti, voltati a botte e destinati a va­rio uso. Il secondo livello, de­stinato ad alloggio, è carat­terizzato dalla presenza di numerose “garitte”, abbellite da motivi architettonici floreali e capitelli corinzi. Su ogni lato sono presenti vari affacci panoramici, un tempo cintati da una carat­teristica balconata in ferro battuto, che impreziosivano la struttura.

Attraverso il caratteristi­co ingresso a pianterreno, costituito da due colonne con cancellata, si giungeva nel grande patio racchiuso da mura perimetrali.

Inglobata nel casino, a memoria del conventuolo, si trova l’antica chiesetta di San Sebastiano: dipenden­te dai Minori Osservanti di Bitonto, è preceduta da un pronao, su cui campeg­giava l’emblema francescano del 1670, ed è compo­sta da un’aula con vol­ta acuta compressa. il tempietto, interamente affrescato, presenta un altare di tipo gotico, sovrastato dalla clas­sica conchiglia sulla parete di fondo, dove in passato si poteva ammirare l’immagine di San Sebastiano, trafugata sul finire degli anni ‘60. È tuttavia ancora presente il piedistallo, con l’epigrafe in latino, che indi­ca il nome del committente e porta la firma dello scul­tore Stefano da Putignano. Eletto a rappresentare la scultura ri­nascimentale pugliese, l’ar­tista (1470 – 1539 ca) fu al servizio del piccolo clero e degli ordini mendicanti, cimentandosi in numerose opere devo­zionali in pietra policroma, fra cui Madonne in trono col Bambino, santi e presepi. Un San Sebastiano coevo e simile nelle sembianze a quello di cui si è detto, è esposto nella chiesa matrice di Putignano.

Attualmente, l’edificio, più volte de­predato da vandali, versa in condizioni statiche alquanto precarie: l’altare è stato di­strutto e il pavimento in ma­ioliche del Settecento com­pletamente divelto. Occorrerebbe almeno recuperare il prezio­so piedistallo dell’altare con l’iscrizio­ne, prima che scompaia per sempre, dandogli giusta collocazione in una struttu­ra che possa ricordarne l’ar­tefice e il suo talento.